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La Lombardia resta maglia nera. I contagi delle ultime 24 ore fanno segnare un +4235. Il rapporto tra tamponi eseguiti e nuovi positivi è dell'8,6%, a fronte di una media nazionale che è del 5,5. I morti in regione sono 81. In totale, dall'inizio della pandemia, fanno 29.380 decessi. I nuovi ricoveri sono 267. Con i 37 ingressi di ieri in terapia intensiva, in tutta la Lombardia, ci sono 765 pazienti. Numeri che fanno tremare le vene ai polsi, soprattutto di fronte alla gestione di quella che, ormai, soprattutto in Lombardia, si fa fatica a chiamare ancora emergenza, visto che da un anno è la quotidianità.
L'unica strada per uscirne, adesso più che mai, sarebbe quella di intensificare la campagna vaccinale. Ed è proprio qui che il disastro compiuto finora dalla giunta Fontana emerge in tutta la sua drammaticità. Le notizie di stampa confermano la netta bocciatura. Proprio ieri 9 lavoratori, tra infermieri e personale sanitario dell'Ast di Bergamo, hanno denunciato con la Fp Cgil territoriale che il tracciamento del covid non è più possibile e di fatto i nuovi positivi vengono abbandonati a loro stessi, così come i loro contatti. La terza ondata sembra inarrestabile, ma i vaccini, l'unica exit strategy concreta, sono fermi al palo, tra ritardi, disagi ed errori che in molti, se non parlassimo di una drammatica questione di vita o di morte, non esiterebbero a definire comici.
Il pasticcio, vero e proprio, della campagna vaccinale targata Regione Lombardia, lo hanno denunciato ieri, in una conferenza stampa che suonava insieme come un grido di allarme e un appello a cambiare passo prima che sia troppo tardi, Arci Milano, Acli Milano, Cgil Lombardia, I Sentinelli, Forum per il diritto alla Salute, e i rappresentanti in consiglio regionale di Pd, Movimento 5 Stelle, Sinistra Italiana.
“Over 80 ancora in attesa di essere vaccinati, sms di appuntamento mai inviati, come è accaduto nel bergamasco, appuntamenti in sedi vaccinali distanti oltre 100 km, come è successo, per esempio, nel cremasco, somministrazioni del vaccino a domicilio che tardano a partire, per non parlare delle persone disabili rinchiuse nelle loro abitazioni o in strutture residenziali da oltre un anno!”. Così Monica Vangi, segretaria della Cgil Lombardia, ha raccontato i disagi registrati in questi giorni in Lombardia.
“Ieri il governatore Fontana ha dichiarato che in Lombardia siamo al limite della capacità di sopportazione – ha detto la dirigente sindacale -. Ha ragione! Ma lo siamo anche a causa dell’enorme confusione, della poca trasparenza, di messaggi e scelte che acuiscono contrapposizioni fra lavoratori attivi e pensionati”.
Il riferimento è all’accordo siglato da Regione Lombardia, Confindustria, Confapi sulle vaccinazioni in azienda. Monica Vangi ha denunciato: “Senza nessun confronto con le parti sociali, in continuità col passato, Regione Lombardia ha siglato un’intesa ed emanato una delibera che ha incrementato e acuito il divario fra lavoratrici e lavoratori: si pensi ad esempio all’esclusione delle aziende di piccole dimensioni, come al resto del mondo del lavoro. Lavoratrici e lavoratori dei trasporti e della grande distribuzione, che in questi mesi hanno continuato a lavorare garantendo servizi essenziali e di pubblica utilità, chiedono di non essere dimenticati, perché questo è il messaggio che passa la Regione”.
“Il servizio sanitario regionale si è dimostrato inefficace un anno fa, e lo è ancora oggi”, ha evidenziato Monica Vangi. “Non basta cambiare assessore al Welfare e direttore generale per attuare un cambio di passo. Vogliamo sapere come sono stati utilizzati i 122 milioni messi a disposizione del Decreto Rilancio per lo sviluppo della medicina territoriale. Vogliamo la modifica della legge regionale 23 su cui ancora non è stata avviata discussione nonostante le proposte presentate anche dalle organizzazioni sindacali e le indicazioni dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali”.
“Non c’è solo il Covid”, ha sottolineato la sindacalista. “Ci sono persone con altre patologie, persone che hanno bisogno di screening di risposte ai loro bisogni di salute. Ad un anno dall’inizio dell’emergenza, non abbiamo ancora risposte. Sappiamo però che tutti hanno il diritto alla salute e alla vaccinazione”.
La Regione Lombardia è avvertita. Non c'è più tempo.