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Partecipazione, discussione, unanimità. Il XVI congresso Udu, Unione degli universitari, dal titolo “Per realizzare l’impossibile”, che si è tenuto a Paestum, Salerno, ha fotografato il buono stato di salute di un’organizzazione sindacale che compie trent’anni e che resiste al tempo e alla crescita delle destre, anche negli atenei italiani. Con la partecipazione dei principali leader politici dell’opposizione e del segretario generale della Cgil Maurizio Landini, è emersa la consapevolezza che la strada da percorrere è ancora tanta e che le prossime sfide saranno probabilmente ancora più difficili delle precedenti.
“Quella che ci attende è una fase delicata, dal prossimo autunno le questioni che affronteremo saranno più complicate – afferma Alessandro Bruscella, studente di matematica dell’università di Modena e Reggio Emilia e neo eletto portavoce – Prima fra tutte i tagli lineari al fondo finanziamento ordinario che ripartiranno dopo la parentesi del Pnrr”.
È questo che vi preoccupa maggiormente?
Questo è uno dei fattori: si comincia con 173 milioni in meno a partire dal prossimo anno accademico, ma il definaziamento proseguirà. Nella tre giorni di lavori abbiamo discusso dei nostri temi, dal diritto allo studio alle borse, fino alle questioni internazionali, la guerra in Palestina e in Italia i referendum proposti dalla Cgil, per il quali il sindacato ha raccolto le firme, che saranno dirimenti per il nostro Paese nella prossima primavera.
Quale impatto potrebbero avere sugli studenti i quattro quesiti sul lavoro?
Un grande impatto. Le richieste avanzate con i referendum puntano a cambiare la natura di alcune leggi del nostro Paese e ad arginare il precariato lavorativo, un problema che ci riguarda direttamente e nel quale siamo coinvolti in pieno. L’università è un ponte tra l’istruzione superiore e l’ingresso nel mondo del lavoro e quando il percorso accademico finisce, siamo consapevoli che quello che ci aspetta è la precarietà.
Qual è il livello di partecipazione alla vita associativa e in generale universitaria?
Il nostro congresso è stato molto partecipato, siamo soddisfatti, anche perché abbiamo raccolto i frutti delle azioni e delle vertenze messe in campo negli ultimi due anni, durante i quali ci siamo radicati di più nelle città, ci siamo espansi. Inoltre, siamo stati a Paestum, all’interno del Revolution camp, un campo a cui partecipa anche la Rete degli studenti medi, con discussioni, workshop, dibattiti, per preparare la progettualità del prossimo anno. Negli atenei la situazione invece è cambiata in peggio negli ultimi anni: da luogo della cultura collettiva e della formazione dell’individuo nell’ambito della società civile, dopo la riforma Gelmini, si è trasformato in luogo con caratteristiche sempre più aziendali.
Come affronterete la difficile, per alcuni versi forse anche impossibile, interlocuzione con questo governo?
Questo è stato un importante tema di riflessione per noi. Conosciamo le difficoltà che ci sono nel dialogare con un governo come quello attuale, e sappiamo che il conflitto sarà fondamentale per rivendicare le nostre istanze. Abbiamo due visioni molto diverse dell’Italia e non ci sentiamo per niente rappresentati.
Come vedete la presenza delle destre all’interno degli atenei?
Le università fanno parte del nostro Paese e riflettono quello che accade all’esterno. La presenza di Azione universitaria, legata a Gioventù nazionale, la parte giovanile del partito di Giorgia Meloni, è in crescita, anche perché Fratelli d’Italia sta facendo grandi investimenti. Non posso nascondere che questo rafforzamento ci preoccupa e anche la governance degli atenei è molto condizionata dalle politiche del ministero, nonostante l’autonomia riconosciuta alle università. Ma noi siamo qui da trent’anni e abbiamo intenzione di restare.