Cinisi. Inizio 1977. All’interno del circolo Musica e cultura creato da Peppino Impastato le discussioni sull’avviare una radio erano diventate sempre più frequenti. Il gruppo aveva promosso cineforum, concerti, dibattiti, aveva dato vita a una biblioteca diffusa, ma la radio non l’aveva mai fatta nessuno. Per molti di loro l'idea di maneggiare microfoni e registratori per andare a intervistare le persone era quasi proibitiva. Ma una sera di marzo, quel gruppo decise di passare ai fatti. Il locale per installare l'emittente non fu cercato a Cinisi ma a Terrasini perché la posizione sul golfo permetteva una migliore propagazione del segnale. Poi con un paio di giradischi, microfoni, un'antenna e un vecchio trasmettitore a valvole, la musica e le parole iniziarono a diffondersi nell'etere.

"La radio si sente quando tira vento, quando c’è il sole, quando c’è la pioggia, quando non mi danno il permesso per fare un comizio, quando mi sequestrano il materiale. L’aria non ce la possono sequestrare".

Peppino Impastato, I Cento Passi, regia di Marco Tullio Giordana, 2000

Radio Aut. L'esempio seguito è quello delle radio di movimento, dell’autonomia operaia, che in quei mesi nascono come fiori su tutto il territorio nazionale. Grazie alla motivazione e la passione di un gruppo di 15 ragazzi, l’emittente inizia a raccontare le occupazioni delle fabbriche e delle scuole. Tra notiziari, servizi speciali, dibattiti e naturalmente tanta musica, le storie di cui occuparsi sono tante. La radio si inserisce nel dibattito sociale, fa controinformazione, dà voce agli ultimi. Era sempre di marzo, ma sette anni prima, quando Danilo Dolci, lanciava dalla Sicilia Occidentale il disperato S.O.S. dei Poveri Cristi abbandonati a se stessi, che nel 1968 avevano subìto la devastazione del  terremoto del Belice. A quei ragazzi del 1977 le ingiustizie non piacevano. Così come la mafia. Non fosse che per l'omertà dei genitori che chiudevano le finestre e insegnavano ai figli a non immischiarsi nelle storie altrui. Per Peppino e i suoi amici, il cosiddetto "uomo d'onore" rappresentava tutta l'ipocrisia di Cosa Nostra. Non persone integerrime da ossequiare ma merda che galleggia sulla società. Vigliacchi, traditori, sfruttatori del prossimo e dell'ambiente. Uomini da ridicolizzare.

Valentina Mignano

Onda pazza a Mafiopoli. Il venerdì sera, la città di Cinisi si ferma dietro alle persiane per ascoltare la schizofrenica trasmissione di Radio Aut in cui Peppino e i suoi amici raccontano la realtà locale proiettandola in un mondo grottesco e al limite dell’assurdo. Anche la sigla – Facciamo finta che tutto va ben – cantata da Ombretta Colli  è irriverente, sarcastica, geniale. Nel mondo surreale creato da Peppino e i suoi amici, Cinisi diventa Mafiopoli, per popolarsi di personaggi come Geronimo Stefanini (il sindaco Gero Di Stefano), Franco Manesci ‘della sinistra avanzata ma non troppo’ (il suo vice, Franco Maniaci), Tano Seduto (il boss Gaetano Badalamenti). Non si risparmia nessuno speculatore né di Cinisi né di Terrasini – denominata Mafiettopoli – e vengono denunciati i piani dell’amministrazione pubblica sfruttati per fini personali.

La lotta culturale. Il programma era affidato all’improvvisazione intorno alle notizie freschissime e riservate di cui Peppino era sempre in possesso. Dai microfoni della radio, mentre gli ascoltatori si sbellicavano dalle risa, venivano sputtanati gli affari di Tano Seduto, che ruotavano soprattutto intorno all’aeroporto di Punta Raisi, tra appalti pubblici e traffico di eroina. Fatti su cui gli investigatori avrebbero potuto indagare se Badalamenti non avesse avuto legami e complicità con pezzi dello Stato tali da riuscire a depistare le indagini per l’assassinio di Impastato per oltre vent’anni. È un bene che queste testimonianze siano giunte nell'era del web per essere ancora fruite da decine di migliaia di ragazzi con le loro cuffie colorate. È il lascito più popolare di Peppino. E pensare che la cassetta per registrare la trasmissione veniva sistematicamente riciclata la settimana dopo. Di Peppino ci restano le poesie, un’idea politica, la faccia da Giufà, la forza delle sue parole e una certezza: una risata può seppellire anche la mafia.