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La ricostruzione del sisma 2016 va drammaticamente a rilento, ci sono molte criticità e il concreto rischio che i fondi stanziati si perdano in mille rivoli, attraendo così illegalità e malaffare nei cantieri. Sono questi alcuni dei risultati che offre il terzo Report dell’Osservatorio Sisma 2016 di Fillea e Legambiente.
La ricostruzione “meccanica”
Per quanto riguarda la ricostruzione privata, il report ci fa sapere che nelle 4 regioni monitorate (Marche, Abruzzo, Lazio e Umbria), resta “drammaticamente evidente la differenza tra le potenziali richieste di contributo per la ricostruzione” e le effettive richieste di contributo arrivate agli Uffici speciali. Finora, in sostanza, è stato utilizzato solo il 17% dei fondi stanziati. Un ritardo evidente, il cui primo motivo, per Fillea e Legambiente, sta nel “pensare che il sisma fosse un drammatico ‘fermo immagine’ e che per ritornare ‘all’immagine precedente’ sarebbe bastato provvedere al completo finanziamento, con risorse pubbliche, della ricostruzione sia pubblica che privata”.
Oltre al solito, tanto decantato “eccesso di burocrazia” (che ha spesso portato a una riduzione drammatica dei controlli pubblici per la regolarità del lavoro e la qualità del costruito), c’è quindi stata un’idea di ricostruzione “spinta meccanicamente” dalla disponibilità di risorse pubbliche. E’ mancata insomma un’analisi e una progettazione, che tenesse anche conto della “complessità istituzionale e di governo locale dell’area del sisma”, composta da piccoli comuni e una miriade di frazioni, in cui le competenze necessarie spesso mancano E non c’è stato neanche un occhio di riguardo allo “spopolamento delle aree interne” e ad altri fattori, dai quali invece è necessario “ripartire per ricostruire identità e nuove comunità locali”. Per questo, è probabile che la ricostruzione “sarà inferiore alle aspettative iniziali”. Ed è quindi “necessario prenderne atto, per poter programmare al meglio la politica e i piani per lo sviluppo dei comuni del centro Italia”. Anche per cogliere “nel modo più efficace l’importante opportunità di investiment di fondi dell’Unione europea” dopo l’emergenza Covid 19.
Un progetto per il territorio
La prima proposta dell’Osservatorio sisma, così, è quella di fare in modo che la struttura commissariale abbia il potere di “coordinare/affiancare gli enti locali (regioni, province, comuni) nella predisposizione e realizzazione di specifici piani di ricostruzione economica e sociale delle comunità, utilizzando tanto le risorse nazionali che comunitarie”, e prevedendo uno specifico “vice commissario sul modello di quanto previsto neell’area aquilana del 2012”.
La seconda proposta è, in realtà, è una richiesta che Legambiente e Fillea Cgil rivendicano da anni: “Una legge quadro sulla prevenzione e la messa in sicurezza del territorio, la gestione delle emergenze e la ricostruzione seguente a calamità ed eventi straordinari”. L’obiettivo, d’altronde, è sempre lo stesso: “Una seria politica di programmazione, progettazione ed intervento di messa in sicurezza dei cittadini e del territorio”.
Cantieri, lavoro e illegalità
Anche per quanto riguarda il lavoro sono molte le criticità evidenziate, numeri alla mano, da Fillea e Legambiente. L’inquadramento degli operai impegnati nei cantieri della ricostruzione, ad esempio, rispecchia sostanzialmente la media nazionale, mentre si sarebbe dovuto riscontrare, vista la tipologia delle lavorazioni, un maggior numero di operai specializzati e di quarto livello. Questo sotto inquadramento “può pertanto essere letto o come elusione contrattuale o come una minore qualità della manodopera e quindi dello stesso manufatto”. “Un mix” che, in ogni caso, “rappresenta un aspetto da tenere sotto controllo”.
L’importo medio di massa salari per singolo lavoratore, poi, risulta inferiore alla media nazionale. “Certamente questo è dovuto alla rotazione dei lavoratori impegnati nei cantieri – si legge nel report - ma è un dato merita comunque un approfondimento nei rispettivi tavoli prefettizi di monitoraggio dei flussi di manodopera”. E’ infatti possibile che una parte del lavoro svolto “possa rientrare nei fenomeni di irregolarità diffusi nell’edilizia”. I rischi, insomma, sono i soliti: lavoro grigio e nero, dumping contrattuale, distacco irregolare o intermediazione illecita di manodopera.
Non è un caso, quindi se al 28 febbraio scorso siano state ben 78 le interdittive antimafia, cioè le imprese cui è stata rifiutata l’iscrizione nel registro dell’Anagrafe antimafia. “Si tratta di un dato – si legge ancora sul rapporto - che conferma in modo preoccupante i tentativi di infiltrazione criminale e mafiosa nella ricostruzione e quindi la necessità di mantenere alto il livello di controllo”.
Oltre a quello del riciclo degli inerti provenienti dalle macerie c’è infine un problema che riguarda la sicurezza nei cantieri. “Oggi - si legge - per la ricostruzione si lavora con un tasso di rischio per la salute e sicurezza più alto che nel resto del Paese. Il rischio, con l’accelerazione, è un tasso significativo di infortuni gravi e potenzialmente mortali”. Per questo, Fillea e Legambiente chiedono presidi sanitari territoriali per i lavoratori della ricostruzione, campi base per alloggio e servizio mensa nelle zone con maggior numero di cantieri diffusi e punti di pronto soccorso ed intervento. Oltre che l’estensione delle procedure di registrazione dei lavoratori per la formazione-informazione dei lavoratori e il controllo sanitario, obbligatorie per legge e per contratto.