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Siamo nel pieno di una strana crisi di governo, innescata quasi a freddo dal vicepremier Matteo Salvini, e parzialmente consumata fuori dal parlamento. Mentre il ministro dell’interno sembra aver cambiato idea, però, il Paese reale, quello con cui nessuno dei protagonisti del dibattito politico sembra voler fare i conti, soffre ancora terribilmente. “Le crisi industriali aperte al ministero dello sviluppo sono 160 - ricorda ai microfoni di RadioArticolo1 Nino Baseotto, segretario confederale della Cgil – e mettono a rischio circa 300.000 posti di lavoro. Questa crisi politica è l'ultimo atto di irresponsabilità del governo. Tra una balla e l'altra, Salvini fa propaganda, mentre del Paese non si preoccupa nessuno”.
La scorsa settimana, in una nota unitaria, Cgil, Cisl e Uil si sono dette anche preoccupate per la tenuta della nostra democrazia. “Quando qualcuno decide di aprire una crisi di governo perché vuole pieni poteri – spiega ancora Baseotto – siamo in una situazione che non è prevista dalle regole democratiche, dalla nostra carta costituzionale . Qualcuno evidentemente sogna una svolta autoritaria, sogna di essere l'uomo solo al comando che calpesta istituzioni per fare quel cavolo che gli pare. Questo per noi è un allarme democratico evidente. E’ una preoccupazione che si respira in tanti settori della società civile. Il ministro degli interni ha giocato per troppo tempo e continua a giocare sulle paure recondite degli italiani, come ha fatto in altri tempi il regime nazifascista”.
Intanto siamo arrivati a fine agosto, e bisognerebbe lavorare alla legge di bilancio. Nelle scorse settimane il presidente del consiglio Conte ha incontrato tre volte i sindacati per avviare un confronto su fisco, mezzogiorno e welfare, ma, per la Cgil, “se la crisi non troverà rapidamente uno sbocco positivo, il Paese rischia di perdere ulteriore terreno nel contesto dell'economia mondiale”. L’Italia resta una “cenerentola”, “siamo il Paese più debole in Europa” e soprattutto “non c'è un governo della crisi economica che ci attanaglia”, “non c'è un'idea, una prospettiva, una strada per uscire dalla crisi”. I sindacati hanno avanzato al governo, al parlamento e alle altre forze economiche e sociali “delle proposte per contrastare questa crisi, e soprattutto per far riprendere un cammino virtuoso di equità sociale”, “richiamando ille camere e le istituzioni alle proprie responsabilità”. Proposte innanzitutto di investimenti, che fanno parte della piattaforma unitaria di Cgil, Cusl e e Uil e che “sono state oggetto delle grandi mobilitazioni che ci sono state dal 9 di febbraio in poi”.
I sindacati chiedono, in sostanza “un piano straordinario di investimenti che abbia come assi privilegiati il sud e la tutela dell'ambiente”, “una riforma fiscale, che introduca pienamente il criterio della progressività per diminuire le tasse che gravano su lavoratori dipendenti e pensionati”, “aumenti contrattuali”, e “un piano di assunzioni per scuola e sanità”. Ma anche “una vera riforma delle pensioni”, “una politica industriale fondata su innovazione e formazione” e “una politica per il rilancio della cultura e del turismo.”
“Sappiamo perfettamente che la situazione è complicata – continua Baseotto - per questo è necessario determinare una svolta, un'inversione di tendenza per salvare il lavoro e il potenziale produttivo di questo Paese”. “Ascolteremo con attenzione le comunicazioni del presidente del consiglio Conte al Senato - conclude il segretario confederale della Cgil – perché il parlamento è il luogo si può trovare uno sbocco alla crisi. Serve una guida reale del Paese, per affrontare i problemi economici e sociali che ci affliggono. Vogliamo poterci confrontare in maniera seria con istituzioni serie, per dare le risposte adeguate di carattere generale che la situazione richiede”.