Il 10,3 per cento degli occupati tra i 18 e i 64 anni è a rischio di povertà lavorativa nel 2024, un dato che è in lieve crescita rispetto al 2023, quando era al 9,9 per cento. Ad affermarlo l’Istat nel report “Condizioni di vita e reddito delle famiglie 2023 – 2024”, che precisa: sono le persone che vivono in una famiglia a rischio povertà e hanno lavorato per più della metà dell'anno.

La percentuale quindi è inferiore a quella reale perché non comprende tutti gli occupati: sono esclusi gli individui con una presenza discontinua sul mercato del lavoro e che presentano un maggior rischio di basso reddito.

Oltre la narrazione

''Sono dati che gridano vendetta, il governo si assuma tutte le sue responsabilità e la smetta di raccontare un mondo che non esiste – afferma il segretario generale della Cgil Maurizio Landini -. Si tratta di numeri che certificano quello che noi sosteniamo da anni. In Italia si è precari e si è poveri, ma l’esecutivo continua a non tassare la rendita, i profitti, non prende i soldi dove ci sono. È evidente che c'è bisogno di un cambiamento radicale".

Persone sole

“Le caratteristiche familiari sono molto rilevanti nel determinare la condizione di povertà lavorativa – spiega il report Istat -: l’indicatore risulta pari al 12,7 per cento per le persone sole, quasi il doppio rispetto al 6,6 delle coppie senza figli. La presenza di figli accentua il rischio, che passa dall’8,1 per le coppie con un figlio al 21,7 per quelle con tre o più figli. Nel caso in cui nel nucleo ci siano più percettori di reddito, l’incidenza della povertà lavorativa risulta ridotta di molto: se per le famiglie con un solo percettore l’indicatore è pari al 20,1 per cento, per quelle con tre o più percettori scende al 5,5”.

Povertà/esclusione

Se si guarda ai dati generali, poi, si scopre che la percentuale degli italiani che sono a rischio povertà o esclusione sociale è aumentata: nel 2024 è il 23,1 per cento, nel 2023 era al 22,8 per cento. Si tratta di oltre 13,5 milioni di persone che vivono in almeno una di queste condizioni: rischio di povertà economica, grave deprivazione materiale e sociale, bassa intensità lavorativa.

Nel dettaglio, la quota di quanti sono a rischio di povertà si attesta sullo stesso valore del 2023, 18,9 per cento (circa 11 milioni di persone), e anche quella di chi è in condizione di grave deprivazione materiale e sociale rimane quasi invariata, 4,6 rispetto al 4,7 (oltre 2 milioni 710 mila individui). In lieve aumento la percentuale di individui che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro, cioè che lavorano meno di un quinto del tempo: 9,2 per cento nel 2024, circa 3 milioni 873 mila persone, 8,9 per cento l’anno precedente.

Redditi in calo

Ad aggravare il quadro, la questione dei redditi. L'Istat conferma quello che affermano altri studi e indagini: il reddito delle famiglie è calato. Se nel 2023 era pari a 37.511 euro, con un aumento del 4,2 per cento in termini nominali, ha subito una riduzione dell'1,6 per cento in termini reali. Nonostante gli incrementi apparenti, l'inflazione ha continuato a erodere la capacità di spesa dei cittadini. Un calo particolarmente marcato nel Nord-Est e nel Centro, mentre il Mezzogiorno registra una lieve flessione e il Nord-Ovest addirittura un lieve aumento.

Questione salariale

Le soluzioni a questa situazione ci sono e sono alla portata: "Noi abbiamo chiesto l'istituzione del salario orario minimo – conclude Landini -, cosa che il governo non vuole fare, e posto il tema del rinnovo dei contratti, che siano rinnovi che aumentano e tutelano davvero il potere d'acquisto, altra cosa che questo esecutivo non vuole fare. Anche Confindustria sta andando in questa direzione. Ma oggi la questione salariale è centrale".