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Anche in un momento così difficile la scuola – come del resto l’intera pubblica amministrazione – deve andare avanti: fornire quei servizi e svolgere quel ruolo che la rendono fondamentale presidio di cittadinanza per il paese, così come sancito dalla Costituzione. Il decreto “Cura Italia”, licenziato il 16 marzo – ma del quale ancora non si possiede la versione definitiva – va in questa direzione.
Per quanto riguarda la scuola sono due i punti chiave del provvedimento. Il primo è quello che stanzia 85 milioni per incrementare il Fondo per l’innovazione digitale e la didattica laboratoriale, per consentire alle istituzioni scolastiche statali di dotarsi di piattaforme e di strumenti digitali, nonché della necessaria connettività di rete, da utilizzare per la didattica a distanza potenziando gli strumenti già in uso. “Si tratta di una misura molto importante – spiega Roberta Fanfarillo, responsabile dei dirigenti scolastici della Flc Cgil e dirigente scolastico lei stessa –. Il ricorso alla didattica a distanza è in questa fase una necessità, ma dai racconti che ci arrivano dalle scuole si evince chiaramente che questo strumento rischia di aumentare le distanze anche sociali tra gli studenti”.
È bene dunque, come molte scuole stanno già facendo, “che computer e tablet vengano dati in comodato d’uso a quelle famiglie che non possono permetterseli: nessuno deve rimanere indietro. Stesso discorso vale per una connessione affidabile. Il decreto, oltre a fornire risorse, semplifica anche le procedure d’acquisto previste dal Codice degli appalti e permetterà dunque agli istituti scolastici di muoversi con maggiore rapidità”.
Importante anche il fatto che il provvedimento, per supportare la didattica a distanza, preveda la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato per l’assunzione di 1.000 assistenti tecnici nelle istituzioni scolastiche del primo ciclo per l’anno scolastico 2019-2020. “È di tutta evidenza – commenta Fanfarillo – che la scuola primaria è la più in difficoltà, anche per l’età dei bambini, nell’affrontare una modalità didattica online”.
L’altro pezzo altrettanto importante del decreto è quello che stanzia 43,5 milioni di euro per consentire alle istituzioni scolastiche ed educative pubbliche del sistema nazionale di istruzione (dunque anche alle scuole paritarie) di acquistare materiali per la pulizia straordinaria dei locali, con particolare riferimento al momento della riapertura. Lo stanziamento potrà essere utilizzato anche per l’acquisto di gel sanificante e altri materiali per la protezione e l’igiene, sia del personale che degli studenti, di cui le scuole devono dotarsi.
E poi, naturalmente, il lavoro agile, sempre più evocato in questa fase di emergenza e che, stabilisce il decreto, costituirà la modalità ordinaria di svolgimento delle prestazioni lavorative nelle pubbliche amministrazioni, mentre i dipendenti dovranno essere fisicamente sul posto di lavoro esclusivamente in caso di attività indifferibili ed erogabili solo in presenza. Per quanto riguarda la scuola queste attività erogabili solo in presenza sono davvero limitate: in un istituto agrario, ad esempio, bisognerà che qualcuno provveda a dar da mangiare agli animali oppure a curare le coltivazioni.
“C’è stata – riprende la sindacalista – una sorta di ‘escalation’ positiva verso il lavoro agile. La prima direttiva della ministra della Pubblica amministrazione, infatti, prevedeva ‘solo’ la possibilità di farvi ricorso a richiesta del lavoratore. In seguito il Dpcm dell’11 marzo e la seconda direttiva del ministro del 12 marzo ribaltavano il concetto: in questa situazione di estrema emergenza il lavoro da remoto diventa la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa. Ora il decreto, avendo un rango legislativo superiore agli altri provvedimenti, rafforza ancor di più questa disposizione”.
Insomma: didattica a distanza, dotazioni tecnologiche, lavoro agile: la scuola che fa di tutto per tenere insieme e non disperdere la propria comunità educativa provata dall’emergenza epidemiologica. “Vorrei ribadire – rimarca la dirigente scolastica – che le scuole non sono chiuse, come pure qualcuno semplificando ha detto o scritto. La scuola è un presidio democratico sul territorio di cui c’è bisogno, tanto più in un momento come questo in cui famiglie e studenti hanno necessità di sentirla vicina”.
Anzi, sottolinea, “dobbiamo far passare con forza il messaggio che la scuola è aperta, perché tutte le sue componenti sono al lavoro per garantirne, seppur con modalità diverse, il funzionamento. Vale anche per il lavoro amministrativo e tecnico, altrettanto importante, che continuerà a svolgersi a distanza, con le segreterie che, appunto, lavorano da remoto e gli assistenti tecnici che supportano la didattica a distanza”.
Tutto aperto rimane ovviamente il quesito sulle modalità con le quali si deciderà di concludere e validare l’anno scolastico, tema caldo soprattutto per gli studenti che dovranno conseguire titoli di studi. “Ci vorranno dei provvedimenti ad hoc – conclude la dirigente della Flc Cgil – che dovranno misurarsi con la durata dell’emergenza, ancora imprevedibile. Per quel che ci riguarda crediamo, intanto, che sulle prove Invalsi, già discutibili come prerequisito per accedere all’esame di Stato, e le ore minime dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (ex alternanza scuola-lavoro), si dovrebbe in una situazione come questa soprassedere”.