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La scuola riparte, ma non per molti studenti con disabilità. A destare scalpore i casi di due alunni di 9 e 6 anni – uno a Roma, l'altro a Pontedera (Pisa) – che ieri hanno saltato il loro primo giorno di lezione per la mancanza dell'insegnante di sostegno. Ma l'allarme era stato lanciato già qualche giorno fa, a fronte di una serie di testimonianze di genitori a cui le scuole chiedevano di rinviare di una settimana il ritorno dei figli a scuola o proponevano un orario ridotto.
La carenza di personale e l'assottigliamento delle ore di lezione sono problemi riscontrati anche in passato, ma quest'anno in alcuni casi “non è garantita nemmeno l'accoglienza, dunque non è garantito il diritto all'istruzione”, denuncia Nina Daita, responsabile delle Politiche per la disabilità della Cgil nazionale. Per questo “chiediamo che il ministero dell'Istruzione invii un richiamo ai dirigenti scolastici, affinché dispongano di tutti gli strumenti necessari per l'inclusione degli alunni con disabilità”, afferma la sindacalista.
Per il direttore di Ledha (associazione di promozione sociale che tutela i diritti delle persone con disabilità) Giovanni Merlo, anche la semplice “riduzione arbitraria dell'orario di frequenza da parte della scuola costituisce una grave discriminazione”, perché gli studenti con disabilità sono stati i più penalizzati dalla didattica a distanza, senza contare che durante il lockdown hanno dovuto sospendere i diversi interventi di assistenza e riabilitazione. Una discriminazione per di più “ingiustificata”, perché lo studente non è affidato al solo docente di sostegno, ma “ricade sotto la responsabilità di tutto il personale scolastico” (dunque anche di insegnanti curricolari, personale Ata, educatori), precisa Merlo.
Quello che serve è ripensare la scuola, nei suoi aspetti educativi e materiali, non sulla base di “un bambino standard – che non esiste – ma di tanti bambini con esigenze diverse”, continua il direttore di Ledha. In quest'ottica, la disabilità è una sfida per costruire una scuola e una società più inclusive per chiunque. Ma l'inclusività dev'essere realizzata dalle fondamenta, non tramite servizi ad hoc. Un esempio pratico? “Se l'autobus è accessibile per tutti, non ho bisogno di un pullman apposito per gli studenti disabili”, espediente così simile al modello distopico delle classi differenziate degli anni Settanta.
Di tutt'altro tipo sembrano gli effetti prodotti dall'emergenza Covid, o meglio dal modo in cui è stata gestita finora. L'agibilità degli spazi scolastici infatti sembra essere diventata più ostica. A raccontarlo è Maria Riccardi di Famiglia Sma, l'associazione dei genitori di bambini con atrofia muscolare spinale. Sul suo telefono ieri è giunta la segnalazione di una scuola di Roma che, nel differenziare l'entrata e l'uscita per prevenire la diffusione dei contagi, non ha fatto caso agli scalini che avrebbero dovuto percorrere anche gli studenti con disabilità motoria.
Resta ancora aperto il capitolo sui dispositivi di protezione individuale. Il consigliere nazionale del Ciis (Coordinamento italiano insegnanti di sostegno) Giuseppe Argiolas constata come le singole strutture siano state costrette a procedere in ordine sparso. Oltre ai ritardi nella riorganizzazione degli spazi, non si è ancora sciolto il nodo degli ulteriori ausili di cui avranno bisogno docenti ed educatori per rispettare le linee-guida senza far mancare il necessario supporto agli studenti in condizioni di fragilità.