PHOTO
3,16 miliardi di euro l’anno, tutti a carico dei cittadini e delle aziende. È il costo che sosteniamo per i disagi, i ritardi, le cancellazioni dei treni. Una stima, certo, che tra l’altro è al ribasso dato che tiene conto solo delle ore andate in fumo in attesa su una banchina, e non anche di ciò che i passeggeri perdono: una visita medica, un colloquio di lavoro, un appuntamento importante, un esame universitario
Il calcolo lo ha fatto il centro studi di Unimpresa, che sottolinea: il prezzo è pesante sia per i passeggeri che per le merci e i ritardi medi dei treni ad alta velocità, pari a 30 minuti per viaggio, incidono significativamente sulla produttività. Aggiungendo, pro domo sua, che questo fenomeno penalizza in particolare le aziende e il tessuto produttivo italiano, colpendo settori chiave come trasporti, turismo e servizi.
Pagano i cittadini
Mentre il ministro dei Trasporti Matteo Salvini giustificare in Parlamento gli straordinari disservizi registrati negli ultimi mesi sulla rete ferroviaria cercando capri espiatori, dall’improbabile complotto al sabotaggio, i cittadini continuano a pagare.
Nel trimestre ottobre-dicembre 2024, il 72 per cento dei treni alta velocità ha registrato ritardi, accumulando complessivamente oltre 278 mila minuti. I treni regionali, pur mostrando maggiore puntualità, non sono esenti da problemi. E con l’inizio del 2025 il fenomeno non ha rallentato.
“Nei primi quindici giorni dell’anno abbiamo riscontrato 70 episodi rilevanti, con anomalie significative, cioè ritardi superiori alla mezz’ora: sono cinque casi al giorno – spiega Michele Carrus, presidente di Federconsumatori - . Siamo di fronte a un’incapacità di gestione delle emergenze e delle situazioni critiche. Un cittadino ci ha scritto che nel 2024 ha dovuto usare 30 ore di permesso in azienda a causa dei ritardi del suo treno pendolare, un costo collaterale enorme di una guerra quotidiana”.
Miliardi su miliardi
Sempre secondo Unimpresa, 1,8 miliardi di euro cadono sulle spalle delle 800 mila persone che ogni giorno usano l’alta velocità, considerando 15 euro per ogni ora di ritardo. A questi vanno aggiunti 912 milioni di euro l’anno di perdita registrata dal trasporto merci. Più circa 450 milioni di mancati introiti dalla mobilità ferroviaria turistica (che si orienta su altri mezzi). Poi ci sono le imprese di servizi costrette a fare i conti con una diminuzione della produttività e a scegliere alternative di spostamento private.
E i danni collaterali?
“Il costo medio del biglietto del treno è 90 euro, secondo la stima dell’Istat – prosegue Carrus -. Quando un passeggero subisce il disservizio, il valore del rimborso del ticket non fruito è calcolato sulla base di un dato medio che non è realistico. Perché il disservizio lo patisce una singola persona che ha avuto anche un danno di altra natura, ha perso una visita medica o un esame universitario. E come lo quantifichi questo danno? E il danno morale? Cioè quando il cittadino viene abbandonato a se stesso, in stazioni con pensiline malandate, senza la possibilità di andare in bagno, senza una bevanda calda se piove o nevica, senza assistenza né informazioni”.
Conciliare i danni
E anche se è sempre possibile per chi ha subito danni materiali maggiori e dimostrabili ricorrere alla conciliazione con Trenitalia sulla base della carta dei servizi, per ottenere un equo indennizzo, nessun utente attiva questo percorso perché è più la spesa dell’impresa.
“Eppoi Trenitalia non concilia e il cittadino è costretto a fare causa, con tutte le difficoltà del caso, i costi e i tempi lunghi, anzi estenuanti – aggiunge Carrus -. Quello che invece noi chiediamo è l’introduzione di un sistema che non soltanto rimborsi le carenze del servizio per il quale si è pagato il biglietto, ma anche i danni subiti, quando si supera una certa soglia di guardia. Mezz’ora di ritardo è un conto, la cancellazione del treno è un altro, i danni collaterali sono ben altri”.
Risarcimento per i disagi
Quindi, un’istruttoria con la quale motivare adeguatamente la richiesta di risarcimento, con assistenza agli utenti da parte delle associazioni, senza che ci si debba rivolgere al giudice per vedersi riconosciuti i diritti, con costi che in pochi possono permettersi. D’altro canto per i viaggi aerei la normativa europea prevede oltre all’obbligo di assistenza al passeggero, anche un risarcimento in relazione alla distanza coperta dal volo. Tutto questo per i treni non è previsto.
Rimborsi automatici
Anzi, è già tanto che da gennaio di quest’anno Trenitalia abbia previsto il rimborso automatico sulle linee regionali: a patto di aver comprato un biglietto elettronico con carta o bancomat, in caso di ritardi superiori ai 60 minuti, il risarcimento viene effettuato senza necessità di richiesta, con accredito entro 30 giorni e sullo stesso strumento di pagamento usato per l’acquisto. Mentre per l’alta velocità, ancora oggi è previsto che il rimborso venga riconosciuto dietro specifica richiesta da parte del passeggero.
Tagli anziché sviluppo
Tornando al caos sui binari di queste settimane, sul tavolo del ministero del Trasporti ci sarebbe la proposta di un taglio del 15 per cento dei 9 mila treni che circolano ogni giorno. Il problema non è il numero dei mezzi, che aumenta in relazione anche allo sviluppo del Paese, ma le infrastrutture che sono vecchie e usurate, e oggi soggette a manutenzione straordinaria, grazie ai fondi del Pnrr: su tutta la rete ci sono 1.200 cantieri attivi o da attivare.
Anziché investire in infrastrutture, potenziare e modernizzare le linee, migliorare la gestione operativa e ottimizzare la pianificazione e il monitoraggio del traffico, puntare su trasparenza e comunicazione, il governo che fa? Pensa di tagliare i convogli, accusa i sindacati di fare troppi scioperi, grida al complotto.