“Attenzione a consegnare a Starlink, di fatto, le comunicazioni del nostro Paese senza più dare risposte infrastrutturali”. Ad affermarlo è Riccardo Saccone, segretario generale della Slc Cgil, che avverte: “La partita non la vince chi si schiera con Musk o con Soros. Ma chi comprende che la vera forza per traghettare il settore delle Tlc fuori dalla crisi sono gli investimenti”.

TLC SETTORE STRATEGICO PER IL PAESE

Nei giorni scorsi, gli stessi della conferenza stampa del presidente Meloni, il sindacato di categoria e quello confederale hanno richiamato ancora una volta l’attenzione su una crisi che non può essere parcellizzata. "Un miliardo e mezzo di soldi pubblici a Musk per affidargli delicatissimi servizi di telecomunicazione mentre il settore italiano delle Tlc, un tempo eccellenza mondiale, è ormai distrutto e perde valore di giorno in giorno. Un progetto poco chiaro, anche sotto il profilo dell'impatto in termini di sicurezza nazionale, poiché consegnerebbe dati sensibili nelle mani di un soggetto privato e straniero”.

SERVE UN TAVOLO DI CRISI

“Bene il ritiro dei licenziamenti da parte di Callmat – avevano scritto in una nota Saccone e Pino Gesmundo, della Cgil nazionale. Ma non si può continuare ad affrontare la grave crisi del settore vertenza per vertenza”. Il richiamo è al governo, perché convochi con urgenza un tavolo di crisi delle Tlc, che non può più essere rinviato. Occorre partire “da misure di politiche attive che favoriscano il rilancio eil reskilling e che siano in grado di difendere migliaia di posti di lavoro. Soprattutto in un settore con un’alta percentuale di occupazione femminile”. Il 27% delle risorse totali del Pnrr è stato dedicato alla transizione digitale, ma rischia di non essere sufficiente.

GOVERNARE LA TRANSIZIONE DIGITALE

I call center di oggi sono ben lontani da quello che erano – e dal ruolo che svolgevano – nel primo decennio del 2000. E senza interventi mirati a governare la transizione digitale, sono destinati alla morte. Si tratta, infatti, di uno dei settori produttivi a più forte erosione tecnologica, che per non sparire deve necessariamente provare a reinventarsi. “La tecnologia brucia lavoro ma ne crea anche di nuovo – commenta Saccone –. Il nodo vero è fare un ragionamento complessivo che salvaguardi i posti di lavoro, adeguando le professionalità e le competenze alle innovazioni tecnologiche”.

IL RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE

Se, da un lato, l’apertura di un tavolo nazionale significa prendere atto di una crisi che va gestita e traghettata, dall’altro il tema caldo resta quello del contratto nazionale. Scaduto da due anni, quello delle Tlc, è in corso una lunga trattativa, per tenere alta l'asticella dei diritti e del salario. "Dobbiamo agire per riconoscere a lavoratrici e lavoratori il diritto a recuperare il gap salariale che a causa dell'inflazione è aumentato erodendo il potere d'acquisto. – commenta Daniele Carchidi, Slc emittenza -.  Il nodo cruciale è la parte economica, dove riscontriamo l'atteggiamento di Asstel, che rimanda continuamente la discussione nonostante la fermezza del sindacato confederale".

LA FIRMA “SOLITARIA” DI ASSOCONTACT E CISAL

In questo delicato contesto si inserisce anche la firma del contratto tra Assocontact e il sindacato Cisal, che segna un passo indietro rispetto alle conquiste di alcuni diritti e tutele per i lavoratori. Oltre a prevedere una sorta di “gabella” a dipendente, per le aziende che scelgono di applicarlo. “Il piano è già inclinato – dice Saccone – e loro scelgono di inclinarlo ancora di più, massimizzando i guadagni” in un settore che, così com’è, ha davanti a sé tre o quattro anni di vita al massimo, senza investimenti.

L’ASSENZA DI POLITICHE INDUSTRIALI

La vicenda di Assocontact e Cisal riporta, inoltre, l’attenzione sulla questione della rappresentanza, come spiega il segretario generale della Slc: “Questo è l’esempio di cosa succede in assenza di regole. Stiamo parlando di un sindacato quasi inesistente”. "Tutto questo – sottolineano Saccone e Gesmundo - avviene mentre le aziende del settore ormai boccheggiano anche per l'assenza di una politica industriale pubblica. Aziende che sempre più difficilmente saranno in grado di sostenere gli investimenti necessari per mettere il Paese al passo con le sfide tecnologiche della transizione digitale, con inevitabili ricadute anche sulla qualità dell'occupazione in Italia”.

LA SFIDA AL RIBASSO 

Tra alcune di queste imprese è già partita una pericolosa sfida al ribasso che a pagare saranno soprattutto i lavoratori. Un esempio è quello di Very Mobile, attiva sul mercato dal 2020. La compagnia telefonica low cost di WindTre sta pubblicizzando un’offerta a 5,99 euro al mese, che spiazza la concorrenza (nello specifico, Iliad con i suoi 9,99 euro al mese). “Un’offerta – commenta Saccone – più bassa della metà del costo industriale del servizio”. Proposte del genere, che allettano per ovvi motivi i consumatori, si pagano con la pelle dei lavoratori, nei termini di stipendi più bassi, di licenziamenti e di un rinnovo contrattuale che tarda ad arrivare.

A FEBBRAIO AL MIMIT

Senza contare che, nel caso di WindTre, si tratta di un gestore infrastrutturale, ovvero con una rete proprietaria che necessita di manutenzione e investimenti. “Ma con quali soldi, se si va così al ribasso?”, si chiede il numero uno della Slc Cgil. A metà febbraio dovrebbe essere convocato il tavolo sulle telecomunicazioni, con i ministri del Lavoro e del Made in Italy. Un banco di prova importante, per capire come il governo voglia affrontare la crisi di un settore produttivo di interesse strategico per il nostro paese. “Il prossimo 12 febbraio – conclude Carchidi – con forza chiederemo ai ministri Urso e Calderone di dar seguito agli impegni assunti per la messa in sicurezza e la regolamentazione complessiva del comparto".

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