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"Governo e azienda devono avere come priorità la tutela dell'occupazione degli oltre 40.000 occupati del gruppo Tim e del significativo indotto che le ruota intorno. E' necessario realizzare un piano industriale credibile, di lungo termine, senza spezzatini o scelte che sottraggano a Tim il valore che incorpora". A chiederlo, sono i sindacati del settore delle telecomunicazioni. "In questa fase molto critica che sta vivendo Tim nelle ultime ore, è necessaria la massima lucidità nel valutare i percorsi e gli sviluppi che si determineranno nei prossimi giorni e nelle prossime settimane in merito alla rete unica, al settore delle telecomunicazioni".
"Questo - spiegano le segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil - non è il momento di fare scelte avventuristiche, senza avere contezza delle valutazioni del governo, di un piano di sviluppo, delle decisioni sulla Rete unica, non è auspicabile un salto nel buio, pensando che il cambio del management, sia la medicina giusta per curare una malattia contagiosa che travolge da tempo l'intero settore delle telecomunicazioni".
Le tre sigle di categoria dicono no anche al cambio di management in Tim, criticando l'atteggiamento di Vivendi. "Crediamo che l'attuale azionista di maggioranza, in questi anni, abbia generato e alimentato tensioni all'interno dell'azienda, puntando a indebolire i vari management che si sono succeduti". Le organizzazioni dei lavoratori auspicano una maggiore presenza dello Stato con un rafforzamento di Cassa depositi e prestiti nell'azionariato, per dare le giuste garanzie e stabilità a quello che era l'ex monopolista e al Paese. L'obiettivo è tornare al "Progetto rete unica", pur senza avere alcun pregiudizio nei confronti di Kkr, peraltro gia' presente in Fiber Cop. In questi ultimi anni, dopo i continui cambi al vertice, il management di Tim è riuscito a stabilire all'interno dell'azienda un confronto aperto e costruttivo, finalizzato alla stabilità occupazionale, al rilancio delle attività e a un progressivo riconoscimento delle professionalità".
Dunque, i sindacati chiedono al Governo di avviare "una seria e approfondita valutazione sul ritorno del 'Progetto rete unica', un'azione fondamentale per non far perdere all'Italia l'opportunità di recuperare quei ritardi sulla digitalizzazione e interconnessione che, ad oggi, la collocano in posizioni di retrovia rispetto a molti Stati europei. Si tratta dell'esatto contrario del modello che il Governo si appresta a realizzare, ovvero tante porzioni di rete che verranno realizzare da privati con fondi pubblici. Così, perderemo non solo la proprietà di questa infrastruttura, pur pagandola, ma anche qualsiasi speranza di presidiarne lo sviluppo omogeneo nel Paese".