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Errare è umano, perseverare è diabolico. Le famiglie italiane hanno ampiamente bocciato la sperimentazione della filiera tecnico-professionale che riduce il percorso di studi a 4 anni? Ebbene, il governo ci riprova. È stata infatti recentemente depositata alla Camera dei deputati la proposta di legge n. 1739 che prevede la durata quadriennale dei corsi di studio per tutti gli indirizzi dell’istruzione secondaria di secondo grado.
Quella che prima era un’opzione volontaria e sperimentale – e sostanzialmente fallita – verrebbe così estesa obbligatoriamente a tutti gli ordini di scuola. E forse non è un caso. “Il ministro Valditara il 17 gennaio 2024 comunicò con toni trionfalistici l’adesione di soli 171 istituti tecnici e professionali per 193 corsi su tutto il territorio nazionale – attacca Graziamaria Pistorino, segretaria nazionale Flc Cgil –. Si è trattato, appunto, di un vero e proprio fallimento a cui si risponde cercando di rendere il percorso quadriennale obbligato. Ma questa nuova proposta segna addirittura di un passo indietro rispetto all’apparente 4+2 lanciato con la filiera tecnologico-professionale, in cui si faceva credere ad un ampliamento della formazione a sei anni, che nascondeva la effettiva riduzione del ciclo di studi secondario, e che oggi non è più celata”.
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L’obiettivo sarebbe quello di garantire con i 4 anni la “piena realizzazione del diritto-dovere di istruzione e formazione, anticipare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e favorire una formazione adeguata alle esigenze del tessuto socioeconomico”. Insomma, continua in sordina, pezzetto dopo pezzetto, l’offensiva controriformistica del ministro Valditara. Durissimo il giudizio della Flc Cgil. Grave, per Pistorino, che “si continui a procedere senza alcun coinvolgimento della comunità educante. Il progetto non presenta alcuna riflessione educativa a monte, ma tradisce chiaramente quale sia la doppia finalità: tagliare in modo lineare il sistema pubblico dell’istruzione e le risorse destinate e piegare l’istruzione al servizio dell’esigenza delle imprese. La scuola della Costituzione diventerebbe così puro addestramento professionale”.
E grave anche che lo si faccia con una delega, dando cioè all’esecutivo 6 mesi di tempo per adottare uno o più decreti legislativi di parziale riordino del del secondo ciclo di istruzione e tagliando così fuori il Parlamento. Il tutto in netta controtendenza con quanto ci dice il recente rapporto Ocse, Education at glance: “Il fatto che solo il 57% dei 25-34enni senza diploma di maturità trova lavoro, a fronte del 69% dei diplomati, mentre il 27% della popolazione fra i 25 e i 64 anni non diplomata guadagna la metà o meno del reddito medio, dimostrano senza alcun dubbio che studiare di più aiuta a trovare lavoro e a guadagnare meglio”, attacca la sindacalista.
Una vera e propria deregolamentazione
Secondo il ddl la scuola secondaria di secondo grado dovrebbe assicurare in quattro anni l’insegnamento di tutte le discipline già previste dall’indirizzo di studi di riferimento e i livelli di competenze oggi fissati per i percorsi di cinque anni. Insomma, si passa da cinque a quattro anni e ogni scuola con l’utilizzo dell’autonomia dovrà provvedere al proprio adattamento curriculare: una vera e propria deregolamentazione dei percorsi nazionali di istruzione, un ulteriore attacco al valore legale del titolo di studio. Un altro macigno scaricato sulle spalle degli istituti.
Problematico anche il nodo degli organici: “Non è credibile – osserva la dirigente della Flc Cgil – che, con una riduzione di un quinto del tempo scuola, e senza la predisposizione di specifici quadri orari articolati con attività didattica in compresenza, le dotazioni organiche rimangano invariate. Per le cattedre di sostegno la riduzione del personale del 20% in relazione all’abbreviamento del percorso di studio dei singoli studenti sarà addirittura automatica”. Insomma: tagliare senza dirlo.
Una storia già vista
Purtroppo però il tema della secondaria in quattro anni non è appannaggio esclusivo di questo governo, che però ha dalla sua l'aggravante di volerla, come detto, rendere obbligatoria. Una sperimentazione era stata già tentata a partire dall’anno scolastico 2018/2019. Coinvolse 192 scuole (127 statali e da 65 paritarie, di cui 144 licei e 48 istituti tecnici): dall’anno scolastico successivo furono autorizzate 175 classi ma i rinnovi si sono ridotti a 98. I numeri attuali confermano il trend, visto che solo 243 scuole, sulle 1.000 previste dal successivo piano del ministro Bianchi, hanno chiesto di sperimentare il modello del “diploma in 4 anni”. Se a questo aggiungiamo il citato fallimento della filiera tecnico-professionale appare evidente che le famiglie hanno ampiamente rigettato questa idea di scuola e che citarla, nella proposta di legge 1.739, come “ottica pratica” davvero non ha senso.
“È l'ormai consueto modo di procedere autoritario del ministro – riprende Pistorino – e vorrei ricordare che i percorsi quadriennali sono stati bocciati da Consiglio superiore della pubblica istruzione ben tre volte: nel 2018, 2021 e 2023”.
Insomma, giudizio totalmente negativo dal sindacato: “Per noi – sottolinea la sindacalista – il sistema d’istruzione nazionale ha il compito di formare i bambini e le bambine in futuri cittadini, seguendoli nel percorsi per diventare consapevoli e operare i cambiamenti che il progresso richiede”.
L’obiettivo, infatti, “non è quello di avviare in fretta i giovani verso il mondo del lavoro ma fornire strumenti più approfonditi per affrontarlo, perché essi stessi diventino lavoratrici e lavoratori più competenti e, quindi, possa migliorare nel complesso anche il sistema Paese”, conclude.