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Gli studenti e le studentesse sono stanchi. Due anni di pandemia, tante chiacchiere e tutto sembra rimasto al punto di partenza: cattedre scoperte (200 mila supplenti quest’anno, secondo stime attendibili dei sindacati), classi pollaio, edilizia spesso non all'altezza.
Ma questo settembre, come non bastasse, si registra un ulteriore problema: quello dei costi. “La spesa che una famiglia deve sostenere per la scuola dei propri figli – spiega Tommaso Biancuzzi, coordinatore della Rete degli studenti medi – è una questione storica. Ma con gli effetti della guerra, e il conseguente aumento delle materie prime, siamo ben oltre. Libri, zaini, materiali di cartoleria costano di più”. Il risultato è che tutto ciò ricade sulle famiglie poiché, attacca, Biancuzzi, “in Italia manca un’idea di diritto allo studio, non c’è una legge quadro nazionale. Quello che c’è dipende dall’iniziativa delle singole Regioni o addirittura delle scuole. Ma i limiti sono evidenti: in Veneto, per esempio, esiste una forma di supporto per studenti bisognosi, ma limitata a un centinaio di persone, mentre tante Regioni rimandano a una legge quadro che, appunto, ancora non c’è”.
Perplessi, gli studenti, anche rispetto ad alcune proposte, come quella di un giorno di dad a settimana per risparmiare sui costi dell’energia: ancora una volta, riprende il coordinatore della Rete degli studenti medi, “vorrebbe dire far ricadere i costi sulle famiglie, che già pagano abbondantemente con l’aumento delle bollette e dei prezzi. Mentre bisognerebbe fare il contrario: investire sulla scuola con politiche di redistribuzione, vale a dire prelevando risorse da chi, con gli extraprofitti, in questa situazione ha abbondantemente guadagnato”.
Altre idee, poi, fanno addirittura indispettire. “Proporre l’abbassamento della temperatura in classe da 18 a 17 gradi – sottolinea Biancuzzi – significa non conoscere lo stato delle nostre scuole. In molte classi a gennaio ci sono 8-9 gradi, abbiamo in piedi un sacco di vertenze che riguardano il non funzionamento del riscaldamento, la scarsa tenuta termica degli edifici. Noi, ad esempio, alle superiori facevamo lezione coprendoci con coperte che tenevamo chiuse negli armadi tirandole fuori quando faceva troppo freddo”. Infine, il benessere psicofisico: “Totalmente scomparso dal dibattito pubblico”, conclude con amarezza Biancuzzi.
Molto duro anche il giudizio dell’Uds: “Basta con l’enfasi sull’inizio dell'anno scolastico. I problemi sono sempre gli stessi, e sono quelli per cui tante volte siamo scesi in piazza”, ci dice la coordinatrice, Bianca Chiesa. Per l’Uds sono cinque le priorità su cui bisogna intervenire e sui quali, aggiunge la studentesse, la campagna elettorale non sta dando alcuna risposta. A partire da una legge sul diritto allo studio che, per Chiesa, “deve servire a combattere l’abbandono scolastico, introdurre un reddito di formazione e prevedere la totale gratuità dell’istruzione. Poi c’è il benessere psicologico – servono sportelli nelle scuole e in generale migliorare il “clima” dell’apprendimento – e la totale riscrittura del rapporto scuola-lavoro. “Il sistema del Pcto – sottolinea Chiesa – va cancellato. L’istruzione non deve essere asservita al lavoro e alla logica della produzione: non deve servire a formare manodopera. Nell’agenda dell’Uds c’è anche la riforma del sistema della partecipazione, con l’aumento del numero degli studenti nei collegi d’istituto, “in modo da poter contare davvero nelle scelte che altrimenti sono tutte nelle mani della componente docente”.
Ultima, ma non certo in ordine d'importanza, osserva la coordinatrice dell’Uds, la necessità di fermare “la costante repressione delle mobilitazioni, con tanti studenti sospesi e punti per occupazioni e autogestioni che avevano come obiettivo quello immaginare una scuola migliore”. Per far questo, occorre intervenire sullo Statuto dei diritti degli studenti, fermo al 1998, che deve prevedere, tra le altre cose il diritto di sciopero”, conclude Chiesa.
Studenti e studentesse, insomma, elaborano, propongono e quando serve protestano: poiché sono i protagonisti dell’istruzione, vanno ascoltati.