PHOTO
I dati sulle irregolarità dei rapporti di lavoro e sul tipo di “malattie” che caratterizzano i comportamenti delle imprese, sono eloquenti e purtroppo impietosi, a dimostrazione che la strada per risanare il nostro Paese si presenta ancora difficile e temo ancora molto lunga. Ciò che colpisce è innanzitutto la relazione sempre più forte fra fenomeni di evasione dalla regolarità del rapporto di lavoro e i fenomeni di sempre più diffusi e preoccupanti di infiltrazioni mafiose nella economia e nel sistema produttivo.
Dobbiamo prendere rapidamente coscienza che questi due aspetti, da una parte le irregolarità del rapporto di lavoro e dall’altra l’azione della criminalità organizzata, ormai non sono più due mondi separati, ma agiscono come vasi comunicanti. Le sempre più numerose inchieste giudiziarie sugli affari delle mafie contengono interi capitoli riferibili al lavoro nero, a transazioni societarie, ad appalti truccati, ai fenomeni di caporalato, a Coop di comodo o addirittura false, ecc.
È un intero Paese che deve muoversi e in primo luogo le istituzioni democraticamente e costituzionalmente responsabili devono svolgere un’opera di raccordo con la società civile e le sue rappresentanze. Noi, il sindacato, la Cgil possiamo fare molto e molto stiamo facendo. Ma con altrettanta consapevolezza ci rendiamo conto che le battaglie sindacali da sole non possono bastare.
Occorre che principalmente le associazioni imprenditoriali, ma anche le istituzioni territoriali, scendano davvero in campo, con più forza. Accade invece, purtroppo sempre più spesso, che le imprese sane che denunciano le pressioni e le infiltrazioni mafiose, o magari fenomeni di usura e di racket, siano lasciate sole dalle loro associazioni e talvolta anche dalle istituzioni. Quasi sempre in occasione dei processi penali la Cgil è la sola a costituirsi parte civile. Anche quando la magistratura si muove su denuncia esplicita di imprenditori, le associazioni, Confindustria in testa, sono completamente latitanti.
Si rende quindi necessario affiancare al nostro impegno quotidiano, una iniziativa per riaprire un confronto sindacale sul territorio con le associazioni di impresa e con le istituzioni in modo da realizzare un impegno comune. Solo se riusciamo a conquistare un impegno corale, a fare squadra, possiamo ragionevolmente pensare di potercela fare a ricollocare il Paese sul versante necessario della legalità. È l’unico modo per renderlo competitivo in Europa e nel mondo. Un Paese che scommette sul lavoro nero, sul caporalato, sui favori della malavita organizzata e delle mafie non ha futuro.
Luciano Silvestri è il responsabile Legalità e Sicurezza della Cgil nazionale