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Tutti purtroppo abbiamo dovuto leggere il terribile articolo di Antonio Scurati apparso su la Repubblica, quello sull’Occidente orfano di guerrieri. Sulla stessa lunghezza d’onda più o meno è andato poi Umberto Galimberti su La7: “A volte la pace intorpidisce anche la dimensione guerriera di difendere la tua terra e i tuoi diritti”.
A questo ho pensato quando ho iniziato a leggere la bozza delle Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione pubblicate sul sito del ministero dell’Istruzione e del merito e che, dopo “dibattito pubblico” si spera non formale, andranno in vigore dal prossimo anno scolastico sostituendo le precedenti.
Si dirà, che c’entra? Cercherò di spiegarlo. Il capitolo delle indicazioni ministeriali dedicato alla storia inizia così: “Solo l’Occidente conosce la Storia”. A leggere una frase del genere si sobbalza sulla sedia. Si sobbalza una seconda volta quando si legge, a seguire, una citazione da Marc Bloch (il grande storico francese, fondatore degli Annales, ebreo, partigiano, torturato e fucilato dai tedeschi) che avallerebbe questo pensiero così piccolo.
Bloch non è sospettabile ovviamente di un’idea così meschina di storia, con una frasetta collocata in quella posizione come una sentenza che indirizza tutto il discorso…
Le Indicazioni sono un testo molto lungo (più di 150 pagine) che andrà letto attentamente e sulle quali non ho le competenze pedagogiche per esprimermi. Per ora mi limito a riportare di seguito ciò che della storia dovrebbe studiarsi in seconda elementare: La nascita dell’Italia: da molti Stati regionali una sola nazione libera e indipendente; Mameli e l’inno nazionale (spiegazione del contenuto), poesie e canti del Risorgimento; Racconti del Risorgimento (p. es.: gli incarcerati nello Spielberg, le cinque giornate di Milano, i martiri di Belfiore, “La piccola vedetta lombarda”, Anita Garibaldi, i Mille).
A noi non più giovanissimi tornano in mente i vecchi sussidiari, con quei brutti disegni e le gesta degli eroi enfatizzate dai tratti marcati, senza sfumature. Se c’è nostalgia è solo per quando si era ragazzi: non certo per una storia costruita sugli exempla e moralistica, anche se spesso era poi la bravura di maestre e maestri a indirizzarla in ben altro senso e significato. E così sarà sicuramente anche stavolta.
Massimo Baldacci in questa intervista ha spiegato da par suo, dopo le anticipazioni offerte da Valditara a mezzo stampa delle Indicazioni, quanto di regressivo e reazionario c’è in questo modo di concepire l’insegnamento in un momento cruciale per la formazione di ragazze e ragazzi. Vedremo se il testo conferma questa lettura.
A me preme sottolineare, per quello che ho letto, l’assoluta coerenza con un sentimento regressivo che pervade in generale l’Occidente, con il suo clangore di armi, patriottismi identitari e slogan aberranti come “Rearm Europe”. Un Occidente che avverte la propria marginalità crescente, il non essere più tra i protagonisti di un progresso sociale, tecnologico e culturale che ha caratterizzato il secondo dopoguerra (“eravamo felici e non lo sapevamo”).
La tentazione è dunque troppo ghiotta (e facile): chiudersi nelle identità, evocare “guerrieri” che non esistono più, inni nazionali e patriottismi, anziché cercare un protagonismo, un ruolo di matrice diversa dai modelli dettati da Russia, Cina e Usa di Trump.
Bisogna però non dimenticare che, ammesso e non concesso che sia solo l’Occidente a conoscere la storia, nella storia dell’Occidente c’è anche il premio Nobel Montale che scriveva: “La storia non è magistra di nulla che ci riguardi”. È il verso di un grande poeta che io personalmente non condivido ma che oggi può essere un utile controcampo scettico rispetto al rinchiudersi in patriottismi angusti o, peggio ancora, nell’attrazione per la guerra, la “guerra sola igiene del mondo” dei Futuristi nella versione preferita dal fu ministro Sangiuliano.