PHOTO
La grande maggioranza degli italiani ritiene opportuno continuare ad adottare misure pratico-sanitarie di prevenzione dal contagio anche durante il prossimo anno scolastico. Questa è forse una delle evidenze più importanti che si ricavano nell’approfondimento sulla scuola contenuto nell’indagine demoscopica realizzata dall’Osservatorio Futura su un campione di 2.000 persone e volta a indagare la situazione economica, sociale e lavorativa del paese. La misura principale – suggerita da 1 intervistato su 3 – è l’igienizzazione degli ambienti scolastici, segue lo sdoppiamento delle classi (17% del campione, ma ben un insegnante su tre), lezioni in luoghi più ampi e anche esterni (17%) e rispetto della distanza di sicurezza. Solo il 15% del campione non adotterebbe alcuna misura.
“Sono risultati che non sorprendono – commenta Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc Cgil –. Chi lavora nelle scuole chiederebbe le stesse cose, a partire dai dirigenti scolastici che giustamente reclamano l’organico covid. La realtà è che da parte del governo non c’è stata nessuna idea di come affrontare il prossimo anno scolastico. I problemi che emergono dalle risposte sono gli stessi di questi anni di pandemia, ai quali però con l’ultima Finanziaria non è stata data una risposta efficace”. Per il sindacalista tutto ciò mostra bene l’atteggiamento che il governo ha avuto nei riguardi della scuola: “Già l’anno scorso, nell’ambito del dibattito sul Pnrr dicemmo che serviva anche impegnare la spesa corrente, ma la verità è che temono che, una volta concesse un organico aggiuntivo, poi ci sia la richiesta di confermarlo”.
La Dad? Tanto disagio. Bene i prof
Per rimanere su temi collegati alla pandemia, nel sondaggio emerge un giudizio abbastanza negativo sulla Dad. Un intervistato su 3 la valuta molto negativamente e appena uno su 4 ne ha un’opinione molto o abbastanza positiva. Il giudizio è migliore tra gli insegnanti e più positivo tra gli studenti. Gli intervistati ritengono che la didattica a distanza abbia avuto diverse ricadute nefaste:disturbi emotivi nei giovani (30%), ridotta capacità di concentrazione e apprendimento (27%), effetti negativi sul rendimento scolastico (22%) e problemi di accesso e impatto negativo per gli studenti più poveri (21%).
Anche in questo caso, per Sinopoli si tratta di una conferma: “La diminuzione dei livelli di apprendimento è certamente grave, ma non è la cosa più preoccupante: ci si può, infatti, lavorare. Più complesso intervenire sul disagio e sui disturbi emotivi. Aggiungo che la Dad ha avuto ricadute devastanti anche sulla scuola come luogo di socialità, di crescita collettiva e di sviluppo della propria personalità in relazione agli altri. Recuperare su aspetti di questo tipo non è semplice”.
Conforta, in questa situazione di incertezza, il ruolo che viene riconosciuto nel sondaggio agli insegnanti, considerati determinanti nella crescita e nell’educazione di bambini e ragazzi, soprattutto nella scuola primaria (punteggio 4.15 in una scala da 1 a 5), ma in realtà anche in tutti gli ordini di scuola (punteggio mai sotto al 4). “È un aspetto molto importante, questo – chiosa il leader della Flc Cgil –. Inevitabile osservare che a questi giudizi così lusinghieri non corrisponde un riconoscimento del loro valore sociale e, di conseguenza, una retribuzione adeguata”.
Note dolenti
Distanza dal mondo del lavoro, programmi scolastici non adeguati, mancanza di fondi e risorse per la didattica. Queste, per il campione intervistato dall’Osservatorio Futura, le prime tre criticità della scuola italiana. “Sul primo aspetto – osserva Sinopoli – pesa sicuramente la preoccupazione che tutti hanno per l’occupazione. Però io credo che la questione sia complessa”.
Su quest’allarme per il segretario generale della Flc Cgil pesa, e molto, “una discussione sul rapporto tra scuola e lavoro drogata dalla stragrande maggioranza dei media, sempre concentrati sul tema mismatch tra domanda e offerta. Come se il compito del sistema dell’istruzione fosse solo l’adeguamento della scuola al mercato del lavoro, mentre manca un ripensamento del lavoro sempre più precario e dequalificato”.
Servirebbe insomma un grande dibattito pubblico non focalizzato su semplificazioni ideologiche (non si trovano determinate professioni eccetera eccetera) ma su quale lavoro si offre alle persone. Perché, conclude Sinopoli, “certamente la scuola deve fornire strumenti per stare nel mercato del lavoro, ma non è pensata per formare lavoratori”. D’altro canto anche l’istruzione professionale e tecnica, che pur non dovendo mai essere mero addestramento è quella che più si avvicina a questo scopo, è stata falcidiata dai tagli, soprattutto, paradossalmente, nella sua dimensione laboratoriale”.