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Lunedì 20 luglio, a una manciata di minuti dall’inizio del tavolo sulla sicurezza tra sindacati, imprese e il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, le notizie, purtroppo, ancora una volta sono arrivate da fuori, dai luoghi di lavoro. Almeno cinque le vittime, un dato che conferma quanto poco si continui a fare sulla prevenzione degli incidenti nei cantieri e nelle fabbriche. La cronaca ha riportato la morte di due lavoratori a Roma, precipitati da 20 metri di altezza mentre tagliavano una trave di cemento. A Vado Ligure (Savona), un operaio è rimasto schiacciato dal carico di un muletto. Un altro ad Avellino, travolto da un Suv mentre stava installando fibre ottiche. Il quinto è caduto da un tetto nel napoletano mentre stava ristrutturando un edificio.
Numeri e storie che lasciano sempre la sensazione che la politica, nonostante le denunce dei sindacati, continui a muoversi troppo lentamente su un tema che andrebbe affrontato con tutt’altra decisione, in un contesto in cui il Covid rischia, una volta di più, di monopolizzare tavolo e riunioni e togliere respiro a una visione che dovrebbe essere più generale e più di contesto. “Non nego – dichiara, a conferma delle impressioni, Sebastiano Calleri, responsabile salute e sicurezza della Cgil nazionale, presente al tavolo – che ci sarebbe piaciuto approfondire di più i temi, c'è sempre poco spazio per riuscire a dare il giusto valore ad aspetti fondamentali e anche a quelli più specifici, ma comunque necessari, di cura. Eravamo oltre 40 componenti a quel tavolo come parti sociali e come fronte delle imprese, e ognuno aveva a disposizione più o meno dieci minuti; è stata dedicata molta attenzione ad aspetti particolari della questione Covid, che ovviamente è d'attualità ma non è l'unica emergenza, ma è mancata una riflessione di scenario approfondita rispetto alle questioni più generali, anche se il ministro e il ministero hanno chiarito che su questo si lavorerà più avanti”.
Eppure una buona notizia dal tavolo esce comunque, anche rispetto all’urgenza di tornare a parlare di salute e sicurezza non soltanto attraverso la lente della pandemia. Nella seconda parte della riunione, infatti, il ministro Catalfo ha comunicato l’intenzione di riprendere le riunioni dedicate ai temi specifici della salute e della sicurezza partite lo scorso anno e poi bruscamente interrotte causa crisi sanitaria.
E sugli aspetti legati al virus, alla sua gestione sui luoghi di lavoro e al pericolo del contagio, qual è lo stato delle cose? “Abbiamo espresso un generale apprezzamento per il protocollo sulla sicurezza del 24 aprile scorso – ci racconta Sebastiano Calleri – e per il lavoro fatto finora. Un lavoro che ci ha fornito gli strumenti e un metodo il più possibile condiviso con il quale abbiamo affrontato la pandemia e messo in sicurezza gran parte dei lavoratori e delle lavoratrici”. Non mancano però le note dolenti. “Nell’applicazione del protocollo abbiamo riscontrato criticità legate al funzionamento del meccanismo degli organi di vigilanza, alle condizioni dei cosiddetti lavoratori fragili, in particolare sul fronte retributivo, sulla copertura del periodo di comporto e sul possibile uso degli ammortizzatori sociali".
Sebastiano Calleri ha evidenziato di "aver poi espresso non poche preoccupazioni di allentamento delle misure della sicurezza e di una diminuita attenzione dei cittadini; soprattutto in vista della ripresa della scuola abbiamo richiesto chiarimenti e implementazione delle misure di sicurezza sui mezzi di trasporto pubblico. Abbiamo lamentato anche la mancata partecipazione, in alcune realtà, dei nostri rappresentanti ai comitati aziendali: molto spesso i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e i delegati sindacali non vengono correttamente coinvolti nella stesura dei protocolli anticontagio e nella loro implementazione e verifica”.
Critiche e richieste di modifiche sono arrivate anche dalla parte degli imprenditori, su due aspetti in particolare: poter riprendere la formazione dei lavoratori in presenza e poter riprendere le trasferte. Due cose senza le quali, secondo la loro visione, il funzionamento dell’azienda è molto rallentato.
“L’attenzione – ci ha detto Sebastiano Calleri – si è concentrata molto, e giustamente, sulle ispezioni e sono stati riportati anche dei dati significativi. Le ispezioni fatte durante il periodo Covid e mirate a individuare luoghi di lavoro nei quali il protocollo non venisse correttamente applicato sono state circa 6 mila, richieste spesso da delegati e lavoratori. Di queste solo circa 1.500 hanno portato a sanzioni per effettive violazioni del protocollo. Numeri nati soprattutto dalla prima fase di riapertura, quando il meccanismo di silenzio assenso dei prefetti permetteva, previa comunicazione, la riapertura anche delle fabbriche che non fossero dichiarate, da codice Ateco, essenziali. Dando vita alle denunce dei rappresentanti dei lavoratori”.