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Sui social e anche con metodi più "tradizionali" parte una campagna della Cgil che ha l'obiettivo di affermare che stupri e femminicidi non si fermano solo con la repressione. "Siamo qui per restare" lo slogan scelto, denso di significati, filo conduttore delle tante e diverse iniziative nei territori, anche con altre associazioni, e in rete, per prevenire ogni forma di violenza contro le donne,
Perché ora
L’estate appena trascorsa ha segnato uno spartiacque, ha fatto suonare una sveglia. Aggressioni, anche sessuali ma non solo, molestie e uccisioni si sono rincorse, svelando contesti e contingenze unificanti. “Quel che è successo nelle settimane passate ci pone degli interrogativi nuovi e anche una preoccupazione nuova rispetto alle quali le risposte del Governo sono più che mai insufficienti”, ci dice Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil con delega alle politiche di genere.
Cause effetti e corollari
Da Palermo a Caivano, ma anche a Milano, Firenze, Roma: tanti episodi che hanno come filo comune i contesti sociali dove queste violenze si sono verificate e la giovane età sia delle vittime di violenza che dei carnefici. “Sono proprio questi elementi – aggiunge la dirigente sindacale – che descrivono come sia necessario agire sulla cultura del rispetto, sull’educazione all'affettività, su come sia indispensabile porre le condizioni perché le donne siano libere anche dal punto di vista dell'autonomia economica”. L’autonomia economica, infatti è indispensabile – ad esempio - per potersi emancipare da contesti di disagio e violenza.
Il sindacato in campo
“Noi siamo un'organizzazione che cerca di migliorare la condizione delle persone, dobbiamo provare a tenere tutto insieme”, aggiunge Ghiglione che considera la violenza come punta dell'iceberg di una condizione molto più generale. “Le destre vedono la violenza come qualcosa che riguarda le donne - osserva - separata da tutti gli altri aspetti. Quindi parlano di violenza senza parlare di lavoro, parlano di violenza come di un fenomeno slegato dall'aspetto più prettamente culturale e intervengono solo con provvedimenti punitivi”.
Senso comune, stereotipi e cultura
Governo e maggioranza affermano una visione che vuole riportare le donne dentro il contesto domestico. E invertire la curva negativa della demografia, ad esempio, pensando che bastino solo incentivi economici a “spingere” le donne a fare figli. Nessuna attenzione all’emancipazione lavorativa e sociale delle donne, nulla che favorisca l’occupazione, nulla sui servizi sociali che libererebbero tempo dal lavoro di cura. Insomma si vorrebbe tornare all’idea dell’ancella del focolare, o quasi.
Quel che invece serve
E invece c'è bisogno di altro. “Politiche e strumenti per la piena partecipazione ed emancipazione delle donne anche nella vita economica del Paese, rispetto alla quale siamo agli ultimi posti in tutte le classifiche nazionali e internazionali”, sottolinea ancora Ghiglione. Che aggiunge: “La campagna serve anche a leggere la violenza come l'esito di una cultura sbagliata. Servono investimenti per la buona occupazione delle donne, per percorsi culturali ed educativi fin dai primissimi anni di vita delle ragazze e dei ragazzi”.
E allora, a comporre la campagna, saranno tantissime iniziative nei territori, corsi di formazione di educazione economica, una petizione per spingere il governo a cambiare rotta e intraprendere la via maestra contro ogni forma di violenza contro le donne. Si parte tutti e tutte insieme da Roma il 7 ottobre a piazza San Giovanni.