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Il decreto legge approvato oggi (24 maggio) dal consiglio dei ministri, spacciato per un provvedimento che dovrebbe consentire di rimettere sul mercato migliaia di immobili con piccole difformità, altro non è se non una concessione fatta a ridosso di una scadenza elettorale, che peraltro lascia poco spazio all’esame parlamentare.
“Da quanto apprendiamo dalle notizie stampa, il testo del decreto ci vede assolutamente contrari per l’impianto complessivo delle proposte – afferma Stefano Chiappelli, segretario generale Sunia, il sindacato degli inquilini della Cgil -. A quanto pare, si può incidere sui cambi di destinazione d’uso degli immobili, sulle modalità di accertamento dello stato di legittimità dell’immobile, sull’aumento della percentuale delle possibili tolleranze ammesse rispetto ai progetti, sulla sostanziale ammissione alla sanatoria di parziali difformità dell’immobile, sulla reale possibilità di incidere anche sulle parti esterne che ha determinato e può determinare contenzioso condominiale, l’introduzione del silenzio-assenso che rischia di diventare una prassi pericolosa. Al di là delle terminologie scelte, appare evidente che se il testo presentato in Parlamento ricalcherà questo impianto siamo di fronte a un nuovo condono”.
Per il Sunia è necessario quindi che all’esame parlamentare siano apportate profonde modifiche. Nel provvedimento, inoltre, non c’è traccia del Piano casa più volte annunciato dal ministro Salvini: “Senza finanziamenti è velleitario e inadeguato ad avviare un reale e strutturale intervento di rilancio dell’edilizia residenziale pubblica, a partire da piani costruttivi mirati e dalla riqualificazione energetica degli immobili esistenti” prosegue Chiappelli.
L’emergenza abitativa in Italia non è certo rappresentata dal tramezzo spostato un po’ più in là o dalla stanzetta leggermente più grande rispetto al progetto originario. La crisi è quella degli inquilini, degli studenti fuori sede, delle famiglie meno abbienti che sono alla ricerca di un alloggio in affitto a canoni sostenibili e non la trovano. Sono gli stessi rimasti senza i contributi previsti dal fondo di sostegno all’affitto che non è stato rifinanziato per gli anni 2023 e 2024.
“Ricordiamo che i dati pubblicati dall’Osservatorio del mercato immobiliare sulla locazione del 2024, confermano la nostra analisi – conclude Chiappelli del Sunia -: un sostanziale stallo dei contratti concordati previsti dalla legge 431 del 1998, a conferma del fatto che questo comparto, che vuole privilegiare i canoni agevolati e sopportabili, sconta gli effetti di normative che privilegiano invece il ricorso alle locazioni brevi e al canone libero”.