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A TUTTI I COMANDI ZONA. Comunicasi il seguente telegramma: ALDO DICE 26 x 1 Stop Nemico in crisi finale Stop APPLICATE PIANO E 27 Stop Capi nemici et dirigenti fascisti in fuga Stop Fermate tutte macchine et controllate rigorosamente passeggeri trattenendo persone sospette Stop Comandi zona interessati abbiano massima cura assicurare viabilità forze alleate su strade Genova-Torino et Piacenza-Torino Stop.
È questo il testo del telegramma diffuso il 24 aprile 1945 dal Comitato di Liberazione Nazionale con l’indicazione del giorno (26) e dell’ora (1 di notte) in cui dare inizio all’insurrezione.
Insurrezione che sarà poi anticipata al giorno precedente, il 25 aprile.
Il giorno della Liberazione
Alle 8 del mattino, via radio, il Clnai presieduto da Alfredo Pizzoni, Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani proclama l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia facenti parte del Corpo volontari della libertà di attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa prima dell’arrivo delle truppe alleate, come preannunciato nell’ultimatum del 19 aprile 1945.
Il proclama diffuso via radio da Sandro Pertini si conclude con le parole:
Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire.
Parallelamente il Clnai emana dei decreti legislativi per assumere il potere “in nome del popolo italiano e quale delegato del governo italiano”, stabilendo tra le altre cose la condanna a morte per tutti i gerarchi fascisti incluso Benito Mussolini. Entro il 1º maggio tutta l’Italia settentrionale sarà libera. È la fine della dittatura mussoliniana, della Seconda guerra mondiale, del regime fascista. È la Liberazione.
Le parole sul 25 aprile
Affermava Giuseppe Di Vittorio, in occasione del primo anniversario:
L’insurrezione vittoriosa di tutto il popolo dell’Italia del Nord il 25 aprile 1945 realizzò la premessa essenziale della rinascita e del rinnovamento democratico e progressivo dell’Italia, come della sua piena indipendenza nazionale. È per noi motivo di grande soddisfazione ricordare che a questo movimento di riscossa nazionale, il contributo più forte e decisivo fu portato dai lavoratori italiani. Furono gli operai, i contadini, gli impiegati e i tecnici che costituirono la massa e il cervello delle gloriose formazioni partigiane e di tutti i focolai di resistenza attiva all’invasore tedesco.
“Chi può dire – proseguiva Di Vittorio – se la clamorosa vittoria del 25 aprile sarebbe stata possibile senza gli scioperi generali grandiosi che, dal marzo 1943, si susseguirono, a breve distanza, sino al 1945? Quegli scioperi, che contribuirono fortemente a paralizzare l’efficienza bellica del nemico e a sviluppare la resistenza armata, costituiscono un esempio unico e glorioso di lotta decisa dalla classe operaia sotto il terrore fascista, sotto l’occupazione nazista e in piena guerra. È un esempio che additava il proletariato italiano all’ammirazione del mondo civile!”
Ribadiva alla Camera dei deputati il 23 aprile 1970 il futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini, figura centrale della Resistenza:
Non dimentichiamo, onorevoli colleghi, che su 5.619 processi svoltisi davanti al tribunale speciale 4.644 furono celebrati contro operai e contadini. E la classe operaia partecipa agli scioperi sotto il fascismo e poi durante l’occupazione nazista, scioperi politici, non per rivendicazioni salariali, ma per combattere la dittatura e lo straniero e centinaia di questi scioperanti saranno, poi, inviati nei campi di sterminio in Germania ove molti di essi troveranno una morte atroce. Saranno i contadini del Piemonte, di Romagna e dell’Emilia a battersi e ad assistere le formazioni partigiane. Senza quest’assistenza offerta generosamente dai contadini, la guerra di Liberazione sarebbe stata molto più dura. La più nobile espressione di questa lotta e di questa generosità della classe contadina è la famiglia Cervi. E saranno sempre i figli del popolo a dar vita alle gloriose formazioni partigiane. Onorevoli colleghi, senza questa tenace lotta della classe lavoratrice – lotta che inizia dagli anni ’20 e termina il 25 aprile 1945 – non sarebbe stata possibile la Resistenza, senza la Resistenza la nostra patria sarebbe stata maggiormente umiliata dai vincitori e non avremmo avuto la Carta costituzionale e la Repubblica. Protagonista è la classe lavoratrice che con la sua generosa partecipazione dà un contenuto popolare alla guerra di Liberazione. Ed essa diviene, così, non per concessione altrui, ma per sua virtù soggetto della storia del nostro paese. Questo posto se l’è duramente conquistato e non intende esserne spodestata.
Questo posto se l’è duramente conquistato e non intende esserne spodestata.