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In Italia meno della metà dei bambini della primaria e secondaria può usare una palestra. È come se andando a scuola gli alunni non trovassero i banchi, le sedie, la lavagna. Perché le palestre, come le mense e il tempo pieno, consentono di svolgere un servizio educativo che dovrebbe essere garantito a tutti e dappertutto. Mentre la campanella si appresta a suonare negli istituti della Penisola, il nuovo anno scolastico non sembra ripartire con il piede giusto, segnato da mancanze e criticità.
Scuole disuguali
La denuncia arriva dal report “Scuole disuguali” pubblicato dall’associazione Save the Children, che approfondisce le diseguaglianze territoriali nell'offerta di spazi e servizi e analizza, attraverso un confronto della distribuzione degli interventi e delle risorse a livello provinciale, se e come i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza già avviati possano contribuire a ridurre i divari. Lo studio arriva a una conclusione: c’è il rischio che molte province, dove si trovano famiglie in condizioni socioeconomiche di svantaggio, continuino a rimanere indietro.
“I servizi e le strutture scolastiche come il tempo pieno, la mensa e le palestre – si afferma nel report - sono importanti per ridurre la dispersione scolastica. Offrono a bambini e ragazzi la possibilità di partecipare ad attività educative, ricreative, culturali e sportive, migliorando così il loro apprendimento”.
Palestra, mensa, tempo pieno
È per questo che è così importante che ci sia una palestra, una mensa, il tempo prolungato in ogni istituto e in ogni territorio. Ma così non è. Il 46,4 per cento delle scuole statali non hanno una palestra: il 41,5 per cento delle primarie, il 53,2 delle medie e il 48,1 delle superiori. Le differenze territoriali sono evidenti. Tra le 10 province dove la percentuale di istituti sprovvisti è uguale o inferiore al 30 per cento, ben 7 si trovano nelle regioni del Sud e nelle isole.
A Vibo Valentia, Catania, Catanzaro e Cosenza la percentuale è addirittura più bassa del 25 per cento. Ma ci sono anche province del Sud in controtendenza, in particolare in Puglia: a Barletta-Andria-Trani il 72,9 per cento degli istituti ha una palestra, quote alte anche a Lecce, Taranto, Bari.
Interventi del Pnrr
“Per superare le disuguaglianze di offerta educativa tra Nord e Sud, tra centri urbani e aree interne, il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta un’occasione unica – si sostiene nell’analisi -, grazie all’investimento di oltre 17 miliardi di euro destinati al ministero dell’Istruzione e del merito”.
Sui 433 interventi del Pnrr per costruire o riqualificare le palestre a scuola emerge che il 62,8 per cento è stato avviato nelle regioni del Sud e nelle isole, a cui sono stati destinati il 52,7 per cento dei fondi complessivi. In questo caso, la distribuzione delle risorse sembra favorire soprattutto le province più svantaggiate: quelle con una percentuale di scuole con la palestra inferiore o uguale al 30 per cento hanno ricevuto circa 51 milioni 330 mila euro per 72 interventi, ovvero 3 progetti ogni 100 scuole. Alle province con percentuali di palestre uguali o superiori al 65 per cento sono stati destinati circa 17 milioni 600 mila euro per 21 interventi, ovvero 1,3 progetti ogni 100 scuole.
Ridurre i divari
In generale, però, secondo Save the Children i progetti sulle strutture sportive scolastiche avviati con il Pnrr non sono sufficienti a garantire la copertura di palestre su tutto il territorio nazionale e a ridurre i divari. Soprattutto in alcune zone del nostro Paese, dove la scuola spesso rappresenta l’unica opportunità sportiva per bambini e adolescenti.
Sebbene il rinnovato articolo 33 della Costituzione accrediti lo sport come un diritto, riconoscendone “il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico”, sono ancora pochi i minori che lo praticano: solo il 50,5 per cento lo fa in modo continuativo, 1 su 4 non svolge alcuna attività; tra gli adolescenti di 15-16 anni il 16,2 per cento rinuncia a fare sport perché troppo costoso.
Integrare le risorse
L’obiettivo di riequilibrare la distribuzione delle risorse e degli interventi sembra quindi raggiunto solo parzialmente. “È un campanello di allarme che deve spingere a realizzare al più presto un’analisi di impatto sulla povertà educativa di tutti gli investimenti della missione 4 del Pnrr dedicati all’istruzione, in corso e in programma – afferma Raffaela Milano, direttrice ricerca di Save the Children -. Nei territori più svantaggiati è necessario integrare le risorse del Pnrr con altri fondi disponibili, per garantire un’offerta di servizi educativi a tutti i minori”.