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Al via l’anno scolastico 2024-2025. Sono 57.427 le scuole italiane che riapriranno le porte ai quasi 8 milioni di studenti e studentesse. E purtroppo si riparte con un nuovo record di supplenze che, secondo stime anche prudenti, quest’anno raggiungeranno quota 250 mila.
Come ogni anno la scuola italiana dà i numeri e le smentite di Valditara possono poco di fronte alla loro evidenza, perché è la somma che fa il totale.
A questa pesantissima quota 250 mila si arriva infatti sommando 130 mila docenti di sostegno che mancano, 40 mila Ata, 14 mila insegnanti che saranno recuperati grazie all’organico di fatto, 45 mila cattedre non assegnate o vacanti, 3 mila posti di educazione motoria e altro ancora.
Il tutto, ovviamente, con gravi ricadute sulla qualità dell’insegnamento, a partire da quella continuità didattica che ne è presupposto essenziale. Èd è un trend che non si ferma: si è infatti passati dai 132 mila supplenti dell’anno 2017/2018 ai 250 mila del 2024/2025, con un incremento del 72%. Una proporzione enorme rispetto ai 796.611 mila docenti di ruolo e ai 241.431 Ata.
Il fatto è che i posti ci sono, ma le immissioni in ruolo sono al di sotto delle necessità: quest’anno sono stati assunti 45 mila docenti su 65 mila posti liberi. Il ministro si è infatti riservato posti per un ulteriore concorso, nonostante siano ancora senza cattedre molti vincitori delle prove del 2020 e del 2023, quest’ultimo addirittura non ancora ultimato.
Non va meglio agli Ata: appena 10.336 nuove immissioni in ruolo con 30.579 posti liberi. Come se non bastasse, infine, alla vigilia di Ferragosto il Tar del Lazio ha sospeso in via cautelare la procedura relativa alla nomina dei vincitori del concorso riservato per i dirigenti scolastici svoltosi nei mesi scorsi. Una misura che riguarda 519 persone a livello nazionale.
Il risultato è che 519 istituzioni scolastiche inizieranno l’anno prive di un preside titolare, con tutto quelle che ne consegue in termini di efficienza organizzativa.
Insomma: siamo alla presenza di un micidiale combinato disposto che mette insieme il non aver saputo risolvere il tema del reclutamento con norme chiare ed efficaci, con una mancata volontà di investire nella scuola risorse coerenti con i proclami che puntualmente la descrivono come perno centrale per lo sviluppo del paese.