Alla fine è arrivato il vademecum, corredato da 20 faq. Il ministero dell’Istruzione ha probabilmente ascoltato il grido di allarme che si sta levando dalle scuole italiane alla vigilia della ripresa delle attività. Insegnanti, dirigenti, personale Ata e famiglie ancora una volta lasciati soli di fronte a una serie di incognite rispetto ai rischi di una ripresa pandemica in autunno, con gli ultimi allarmi sulla variante Centaurus che non lasciano certo dormire sonni tranquilli. 

Rispetto ai tre documenti licenziati nel corso dell’estate la sola novità rilevante è la conferma che la dad scompare del tutto: chi avesse il covid dovrà rimanere “semplicemente” a casa, come nel caso di altre patologie, potendo rientrare in classe a fronte di un test negativo. Una decisione accolta positivamente, questa, dalla Flc Cgil che in una nota sottolinea come “il chiarimento è coerente con il Ccni sottoscritto il 9 novembre 2020, che ne limita l’uso al permanere dello stato di emergenza sanitaria”. In effetti, come scrive il ministero nel vademecum, dalle “strategie di contrasto della diffusione dell’infezione si è passati a strategie di mitigazione”. Stesso criterio grazie al quale – come del resto negli altri ambiti lavorativi e di “vita sociale” – non è più prevista la quarantena per chi entra in contatto con persone risultate positive.

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Per il sindacato della conoscenza della Cgil, tuttavia, resta il giudizio “negativo sulle scelte politiche circa l’adozione delle misure di prevenzione in questione avvenuta senza il confronto con il sindacato e senza stanziamenti di risorse aggiuntive: finanziamenti, dispositivi di purificazione dell’aria e organico”.

La pubblicazione di questo vademecum non cambia dunque nella sostanza il giudizio perplesso di tanti dirigenti sindacali. “Ancora una volta le scuole si sentono in difficoltà e sole a gestire il problema dell'avvio dell’anno scolastico, in una situazione di emergenza sanitaria ufficialmente conclusa, ma non certo di piena normalità". Così Gianluca Dradi, dirigente scolastico del liceo artistico di Ravenna.

Nello specifico la prima indicazione è contenuta in un Dpcm del 26 luglio del 2022 che riguarda la purificazione degli ambienti scolastici. Abbastanza a sorpresa, spiega Dradi, “dopo che per due anni virologi e medici hanno raccomandato l'utilizzo della ventilazione meccanica, si stabilisce non solo che la ventilazione naturale, cioè l’apertura delle finestre, è più che sufficiente, ma anzi che se si vogliono usare sanificatori d’aria, occorre chiedere la preventiva autorizzazione alle autorità sanitarie locali”.

È seguìto, sempre in estate, un documento dell’Istituto superiore di sanità, il 5 agosto, che individua le misure di prevenzione di base, quelle nella sostanza riprese dal recentissimo vademecum e faq, e che si limita a dire che non si può stare a scuola con febbre o sintomatologie gravi riconducibili al covid (sintomi acuti: non semplice tosse e raffreddore) e che le mascherine protettive rimangono solo per i soggetti fragili e per chi frequenta ma con sintomatologie compatibili col Covid di tipo lieve. “Insomma – protesta il dirigente romagnolo – spetta a noi interpretare le norme e addirittura fare le diagnosi mediche per stabilire la gravità dei sintomi”.

Per il resto, l’Istituto indica che bisogna sanificare gli ambienti, pulire costantemente le mani e che rimane la nomina dei referenti covid per la gestione dei casi sospetti, da isolare in ambienti specifici, e la segnalazione alle Asl per i necessari tracciamenti dei positivi. Scompaiono gli ingressi scaglionati delle classi e il distanziamento tra studenti e studentesse. A questi due documenti, si è poi aggiunta una nota ministeriale del 19 agosto che non aggiunge nulla di rilevante.

La preoccupazione dei presidi

“Inutile nasconderlo, siamo preoccupati – riprende Dradi –, perché il covid esiste ancora, la gente si ammala e muore. E poi c’è un problema di specifica responsabilità del dirigente. Nel 2020 era stata introdotta una norma che, in caso di contagio, eliminava la responsabilità del datore di lavoro per la malattia contratta dal lavoratore, se risultavano rispettati i protocolli di sicurezza. Ma ora questi protocolli non ci sono più, solo alcune indicazioni generiche. Restano, invece, le circolari dell’Inail che identificano il personale scolastico come esposto a elevato rischio di contagio e conseguentemente prevedono la presunzione di contrazione della malattia sul luogo di lavoro. Come si può intuire è un bel problema”.

Il dirigente dell’istituto ravennate rimarca anche la mancata conferma dell’organico covid: “Per noi era stato essenziale; personalmente ho usato quelle risorse per reclutare unicamente collaboratori scolastici, cinque in più, che oltre a dare una risposta adeguata alle attività aggiuntive chieste dai protocolli (vigilanza degli ingressi, pulizia, sanificazione), di fatto andava a coprire la storica carenza di personale Ata nelle scuole”. Va ricordato che alcune di queste attività, come ad esempio la sanificazione straordinaria degli ambienti e la gestione dei casi Covid, sono rimaste e il documento dell’Iss, richiamato dalla nota ministeriale, prevede la disponibilità di adeguate risorse umane, che però il Ministero non assegna.

Infine, la questione degli organici: “Lo scorso anno – conclude Dradi – il 15 settembre il personale era praticamente al completo. Quest’anno presumibilmente non sarà così, i concorsi sono ancora in fase di svolgimento e il ministero ha dato l’indicazione di accantonare alcuni posti di organico e di coprirli con supplenze temporanee fino a che non vengono individuati gli aventi di diritto”.

Insomma si riparte all'antica: con le fragilità storiche e una pandemia che è ancora lungi dall’essere stata domata.