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Il 14 settembre si avvicina, ogni giorno di più. Una dead line che coinvolge non soltanto il mondo della scuola, ma l’intero scenario politico nazionale. Per questo le indiscrezioni filtrate dall’incontro “urgente” voluto dal presidente del consiglio Conte con i ministri Azzolina, Speranza e De Micheli (Istruzione, Sanità e Trasporti), cui ha fatto seguito una riunione con altri componenti dell’esecutivo, ha assunto con il passar delle ore i contorni di un monito ben preciso rivolto a tutto il governo.
Una campanella da fine della ricreazione, che suona più o meno così: se si fallisce sulla scuola si fallisce tutti insieme, con tutte le conseguenze del caso. A completare il quadro, il referendum e le elezioni regionali che si terranno una settimana dopo la fatidica data di riapertura, che dunque appare anche propedeutica a garantire l’esercizio pratico del voto.
Da questo punto di osservazione le questioni poste sul tavolo negli ultimi giorni (soprattutto dopo la polemica seguita alle dichiarazioni giunte dal dicastero di Viale Trastevere in merito al ruolo tenuto dai sindacati nel periodo di lockdown ed estivo sino a oggi), appaiono ancor più un maldestro tentativo di spostare l’obiettivo rispetto responsabilità istituzionali ben evidenti, in particolare per quanto riguarda i vistosi ritardi accumulati negli ultimi mesi.
A confermarlo le numerose situazioni concrete con le quali le varie realtà della scuola pubblica si continuano a confrontare: dagli istituti comprensivi delle grandi città alle aule delle periferie più lontane, in queste ore ciascuno si trova alle prese con difficoltà diverse, in base al territorio e all’utenza, provando a fare di necessità virtù. Facciamo un esempio.
Nella provincia di Terni, la Flc Cgil locale denuncia tutti i problemi di una ripresa scolastica all’insegna dell’emergenza tra mancanze ministeriali, provvedimenti tardivi e inerzia degli enti locali: “Rispondere alla domanda Come riapriranno le scuole?, a meno di un mese dalla ripresa delle attività didattiche, è ancora incredibilmente complicato. Regnano il caos e l’incertezza. La sola cosa che sappiamo è che sarà gestita come un’emergenza una situazione che, al contrario, il ministero ha avuto tutto il tempo e il modo di organizzare e panificare con provvedimenti seri e articolati”.
Nel comunicato si evidenzia come le risorse con cui si dovrebbero dare risposte alle esigenze delle scuole provengano da un finanziamento specifico attraverso i fondi europei del Pon (Programma operativo nazionale) per la scuola denominato “Adeguamento spazi ed aule”. Risorse certe, note già alla fine dello scorso giugno perché assegnate in base al numero di studenti frequentanti un determinato territorio comunale o provinciale, e disponibili ufficialmente per il loro utilizzo dallo scorso 7 luglio. Per dare un’idea dell’ordine di grandezza, il Comune di Terni dispone a questo scopo di € 520.000 euro. Ecco perché, conclude la nota, nessuno è autorizzato a cercare di scaricare responsabilità di ritardi e disservizi alla comunità educante, perché sono “prerogativa esclusiva del governo nazionale e di enti locali inerti e inadempienti”.
Se dunque per il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia la preoccupazione è che in questo tempo che rimane da qui al 14 settembre molti decidano di procedere “in ordine sparso”, mentre lo stesso Giuseppe Conte convoca a parte Lucia Azzolina e Domenico Arcuri, il commissario-tutor, per avere assicurazioni in merito all’organico dei docenti e l’effettiva consegna dei nuovi banchi, così da evitare facili sponde alla propaganda d'assalto dell’opposizione in agguato, nel frattempo dirigenti scolastici, corpo docente e personale Ata provano a rimodulare mansioni e (in)competenze che non dovrebbero riguardarli. Prima che sia troppo tardi.