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Cura delle strutture sanitarie, quelle che servono a garantire l’assistenza; cura dei cittadini e delle cittadine. Il servizio sanitario regionale dell’Emilia Romagna ha retto nonostante l’acqua che ha invaso terre e città. L’ospedale di Riccione ha avuto il piano terra allagato così come l’ospedale di Lugo, ma rapidamente l'allarme è rientrato. Qualche casa della salute e qualche ambulatorio sono stati colpiti, ma sostanzialmente i danni ai presidi sanitari sono stati pochi e le strutture hanno praticamente sempre funzionato.
Tanto lavoro, tanto impegno
Marco Blanzieri è un infermiere, vive a Ferrara ma è anche segretario regionale della Fp Cgil. Il racconto di ciò che ha visto e sentito ha tante sfaccettature. La preoccupazione e lo sconcerto che la distruzione dell’acqua e del fango portano con sé. La consapevolezza che non c’entra il mal tempo e nemmeno errori degli uomini nel costruire, ma il cambiamento climatico di cui troppo poco ci occupiamo. La soddisfazione nel constatare che presidi e strutture non sono state danneggiate, se non marginalmente. L’orgoglio del tanto lavoro fatto e che si sta facendo per prendersi cura degli sfollati, degli anziani, delle popolazioni in genere. Ma anche la preoccupazione per i rischi che ora si corrono, acquitrini e liquami, brodo di coltura di batteri e virus: “Già si sono registrati molti casi di gastroenteriti gravi. Ora occorre fare prevenzione, vaccini e presidi come mascherine, stivali di gomma e guanti sono indispensabili”.
La cura delle persone
Tanti quelli che hanno dovuto abbandonare le proprie case, sfollati nei centri di raccolta predisposti dalle istituzioni. Altri rimasti nelle proprie abitazioni, molti gli anziani o i malati cronici. “Nessuno è stato lasciato solo, abbiamo garantito assistenza sanitaria a tutti, i farmaci per le patologie croniche o il monitoraggio per quelle degenerative che devono essere tenute sotto controllo. Stiamo facendo un grande sforzo per mettere tutti in sicurezza. La macchina ha funzionato e sta funzionando. Nonostante i tagli”, aggiunge il dirigente sindacale.
Tagli anche in Emilia Romagna
Già, i tagli; hanno colpito la sanità in tutto il Paese, anche qui. La ogni scarsità di risorse si avverte ogni giorno, manca personale, le liste di attesa si allungano perché non si riesce a erogare le prestazioni nei tempi stabiliti, le attese nei pronto soccorso sono lunghe, manca anche qui il personale e i posti letto nei reparti ospedalieri. Dice ancora Marco Blanzieri: “La macchina dell’assistenza sta funzionando nonostante sia messa a dura prova dai tagli al fondo sanitario. Anche da noi c'è un problema di finanziamento importante e c'è anche un problema di numeri di personale, nonostante siamo l'unica regione in Italia che ha superato, consapevolmente, il tetto di spesa del rispetto a quanto imposto dalle norme. In occasioni come queste appare evidente come sia veramente incompatibile provare a ridurre le dotazioni organiche e, contestualmente, gestire delle emergenze di questo tipo”.
Tetti e soglie incompatibili con i bisogni di salute
Da tempo, da prima della pandemia e poi di più, la Cgil chiede che venga tolto il tetto di spesa per il personale. Ogni singola regione non può superare quanto destinava nel 2004 meno l’1,4% per retribuire i professionisti del comparto sanità. Risultato pochi medici, pochi infermieri, pochi operatori sanitari, per non parlare di amministrativi, tecnici e terapisti della riabilitazione e della prevenzione per garantire i bisogni di salute in una popolazione che invecchia e in cui la cronicità aumenta. “Durante la pandemia – aggiunge – abbiamo fatto un grosso sforzo per far fronte a quella emergenza. Oggi però abbiamo da recuperare ancora una parte di attività ordinaria che in quei mesi abbiamo, come tutti, lasciato indietro. E allora servirebbe più personale, non meno”.
La scelta del pubblico
Ma perché, come attesta un recentissimo Documento Agenas sul personale del servizio sanitario, l’Emilia Romagna è l’unica regione ad aver superato il tetto di spesa? Presto detto: la scelta fatta da quella regione è di avere al proprio interno i servizi da erogare, non utilizza cooperative all’interno degli ospedali e pur avendo dovuto rivolgersi in alcuni servizi di emergenza urgenza a “medici a gettone”, si sta riducendo il loro utilizzo. Come? Assumendo personale. Sottolinea Blanzieri: “Qua in Emilia Romagna la gestione dei servizi è ancora diretta, cioè la sanità privata ha un budget che rappresenta il 7- 8% di quello complessivo. Tutto il resto è gestito direttamente, se si fa gestione diretta servono le persone dentro i servizi. È chiaro che se invece il modello è quello della gestione esternalizzata paradossalmente si hanno meno problemi, il costo del personale si abbassa magicamente perché si trasferisce su un'altra voce del bilancio, quella di beni e servizi”.
Penalizzati perché si punta sul pubblico
Si torna sempre al punto: 20 anni di blocco del turn-over, di tagli e di tetti di spesa hanno profondamente ferito il servizio sanitario nazionale, di conseguenza, quelli regionali. In questo territorio, mancano medici, infermieri e tutti i professionisti della sanità. Quelli in servizio hanno condizioni di lavoro talmente stressanti che, in alcuni casi, arrivano al punto di lasciare. Aggiunge il sindacalista: “Abbiamo delle persone che accumulano talmente tante ore di straordinario e di ferie che per consumarle rimangano a casa un anno e mezzo prima della data della pensione”. La considerazione finale di Blanzieri è al tempo stesso amara e dura: “Viviamo una situazione veramente paradossale, noi che abbiamo fatto le assunzioni per garantire i servizi ai cittadini siamo i più penalizzati di tutti. Sembra quasi che quel documento di Agenas sia confezionato appositamente per dare strumenti a chi da mesi – Fratelli di Italia – chiede il commissariamento della sanità dell’Emilia Romagna”.