Un detenuto di 18 anni di origini egiziane è morto carbonizzato nella notte nella cella del carcere di San Vittore, a Milano, a causa di un incendio che, secondo le prime testimonianze raccolte, avrebbe appiccato lui stesso insieme al compagno di cella.

Il giovane, ha riportato l’Agi da fonti qualificate, si chiamava Joussef Baron ed era in carcere per rapina dal mese di luglio e in attesa del processo. Gli agenti della polizia penitenziaria sono riusciti a mettere in salvo il compagno di cella della vittima che ha riportato solo una lieve intossicazione. Non c'è stato nulla da fare per il ragazzo rimasto intrappolato nelle fiamme. Negli ultimi mesi, questo è l’ennesimo incendio appiccato per protesta dai detenuti a San Vittore, il carcere più sovraffollato d'Italia.

“Restiamo ancora una volta sconvolti da un’altra tragedia che avviene nel sistema penitenziario – ci ha detto Donato Nolè, coordinatore della Fp Cgil Polizia penitenziaria, commentando l’accaduto – Il pensiero va ai colleghi che stanotte hanno visto morire bruciato un ragazzo di 18 anni e porteranno per sempre con loro il ricordo indelebile di queste ore in cui hanno dovuto assistere ai rilievi della scientifica e subire le proteste degli altri detenuti. Colleghi che portano a casa, ancora una volta, un profondo senso di fallimento e di tragedia. Vorrei chiedere all’amministrazione cosa fa per affrontare questi drammi nel dramma più ampio della condizione attuale del sistema carcerario del nostro Paese. La nostra vigilanza e la nostra solidarietà vanno al Direttore, al Comandante e a tutti gli operatori penitenziari di Milano San Vittore”.

La notizia era stata resa nota in tarda mattinata dal segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, Gennarino De Fazio. “Un'altra morte che si aggiunge ai 70 detenuti e ai 7 agenti che si sono tolti la vita dall'inizio dell'anno in quello che sempre più appare come un bollettino di guerra”, ha dichiarato il sindacalista alle agenzie.

“Quanto accaduto a San Vittore – ha aggiunto – mette ancora una volta a nudo la crisi senza precedenti del sistema penitenziario e se le conseguenze non sono state ancora più gravi lo si deve solo al pronto e professionale intervento
della Polizia penitenziaria che, depauperata negli organici, stremata nelle forze e mortificata nell'orgoglio è intervenuta mettendo in salvo il secondo recluso e impedendo che le fiamme si propagassero al resto del carcere”.

"Da tempo denunciamo le condizioni drammatiche in cui si trova San Vittore: oltre 1100 detenuti stipati in spazi ridotti e angusti. Ad entrare nel circuito penale sono sempre più spesso giovani in condizione di enorme fragilità sociale e mentale". Scrive invece in una nota la Camera del Lavoro di Milano, che parla di "ennesima vita spezzata".

"Al posto di garantire percorsi di tutela ed accompagnamento che possano favorire il loro reinserimento nella società, i detenuti vengono rinchiusi in celle in condizioni disumane, con non più di 3 metri quadri a disposizione", aggiunge la Cgil.

"Dalla cronaca emergerebbe che sono stati gli stessi detenuti ad appiccare l’incendio, non sappiamo se come segno di protesta di fronte alla situazione interna o altro. Quello che sappiamo è che la situazione non è più tollerabile. Sono già 70 i suicidi nelle carceri italiane nel 2024, e quotidiani gli atti di protesta e di autolesionismo per le condizioni interne che violano costantemente i diritti umani. Interventi e politiche securitarie non fanno altro che aumentare le condizioni di sovraffollamento e di disagio. Sono necessari invece più servizi, più progetti volti a favorire l’inclusione sociale, a partire dai più giovani, e un welfare in grado di garantire risposte ai percorsi di autonomia. Tanti detenuti che potrebbero scontare parte della pena fuori dal carcere non lo fanno perché non hanno casa e provengono da situazioni di estrema marginalità. Il dramma che si vive quotidianamente negli istituti di pena, a partire da San Vittore, non può essere denunciato solo nel momento in cui avvengono le tragedie, come quella di questa notte. Siamo di fronte a una emergenza che va affrontata immediatamente e con risposte che ripristinino uno stato di diritto costantemente violato".