Dopo Firenze adesso tocca a Napoli, e presto anche a Bologna. Il salario minimo legale, accantonato dal governo e oggetto di diverse iniziative che però languono in Parlamento, viene introdotto alla spicciolata dai Comuni. Nella città partenopea la giunta ha approvato un atto di indirizzo per cui tutti gli operatori economici ai quali l’amministrazione affiderà lavori, forniture e servizi dovranno prevedere un trattamento economico per i dipendenti non inferiore a 9 euro l'ora. Un documento che impegna direttamente sia il Comune che le società partecipate.

"Questa delibera - spiega l'assessora al Lavoro Chiara Marciani che ha proposto il provvedimento - contiene anche vincoli sui contratti collettivi che devono essere applicati al personale impiegato nei lavori, nei servizi e nelle forniture oggetto di appalti pubblici, in coerenza con la disciplina prevista dal nuovo codice dei contratti pubblici”.

Sicuramente una notizia positiva, che però ha bisogno di ulteriori valutazioni, considerato che alcuni aspetti non sono ancora chiari.

“Primo fra tutti: i 9 euro l’ora sono lordi o netti? – si domanda Nicola Ricci, segretario generale Cgil Napoli e Campania -. Perché nel primo caso si ridurrebbero a 6,5 euro. E poi: per quante mensilità e su quali istituti impatta? Riteniamo che il salario minimo se ben coordinato con i contratti nazionali sia una risposta al lavoro povero e alla precarietà. Occorre quindi capire meglio come sarà applicato e speriamo che ci sia un confronto con il sindacato”.

Senza contare che una legge del genere potrebbe essere facilmente aggirata in assenza di vigilanza e controllo, facendo ricorso per esempio a contratti che prevedono salari inferiori a quello minimo stabilito, con l’intento naturalmente di abbattere il costo del lavoro. Per esempio, per attività come la gestione delle scuole, del patrimonio, del verde pubblico, per le quali i lavoratori non hanno professionalità ben delineate. Con l’aggravante che il Comune di Napoli ha avviato un piano di rivisitazione delle partecipate che saranno accorpate probabilmente in un’unica società.

La posta in gioco è alta. Basta guardare le cifre. Quasi un miliardo di euro di progetti del Pnrr approvati per Napoli, all’interno dei 22 mila che hanno ricevuto il benestare in Campania, a cui si deve aggiungere il miliardo e 200 mila euro per Bagnoli, di cui il sindaco è commissario, tutti da gestire con appalti pubblici e con un cronoprogramma già definito.

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“Un altro aspetto da acclarare è se la legge si applicherà anche alla città metropolitana, che conta oltre cento comuni, tra cui centri molto popolosi – prosegue Ricci -. Sarebbe auspicabile, e naturalmente ogni Comune potrebbe continuare a conservare la propria autonomia. Inoltre, è necessario un protocollo d’intesa su legalità e la sicurezza negli appalti e nei subappalti, a cui stiamo lavorando”.

L’apripista è stata Firenze che a marzo scorso ha fissato con una delibera a 9 euro il minimo salariale per tutti i servizi, i lavori e le forniture in cui il Comune è stazione appaltante. L'amministrazione cittadina si è impegnata anche a effettuare una ricognizione dei contratti in essere stipulati dal 2022, verificando le condizioni applicate sia dal punto di vista economico che normativo. E dopo Napoli, c’è l’interessamento di Bologna. Il governo non si muove, mentre i Comuni procedono alla spicciolata.