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Francesco Menditto è un magistrato che di indagini delicate e complesse ne ha svolte molte: è stato giudice della sezione specializzata per l’applicazione delle misure di prevenzione del Tribunale di Napoli, ha ricoperto funzioni di pretore e di sostituto procuratore presso la Procura circondariale di Napoli, svolgendo indagini – tra l’altro – sul voto di scambio e sui reati ambientali. È stato componente del Csm e oggi fa parte del Consiglio direttivo dell’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Attualmente è procuratore capo presso il Tribunale di Tivoli.
A suo parere la riforma delle intercettazioni è un danno irreparabile per chi indaga, ma soprattutto per le vittime di reati anche gravissimi, come l’omicidio o il femminicidio, che rischiano di non avere giustizia. Sarà anche d’intralcio alle indagini connesse alla criminalità organizzata, visto che per tutti i reati spia, quelli che portano all’individuazione dei reati commessi dalle mafie, non si potrà intercettare oltre 45 giorni. Insomma, altro che sicurezza per i cittadini e le cittadine.


Secondo le nuove norme, durante le indagini si potranno intercettare presunti colpevoli solo per 45 giorni. In casi eccezionali sarà possibile ottenere deroghe e sono esonerate da questi obblighi le inchieste su criminalità organizzata e terrorismo. Che cosa significa questo per i reati ordinari?
Questa nuova normativa renderà molto, molto, molto, e lo dico tre volte, più complicata l'attività dei pubblici ministeri nella ricerca degli autori di reato. Sono esclusi da questa normativa solo i reati commessi dalla criminalità organizzata e terrorismo, ma non i reati ordinari. Quindi, solo 45 giorni di intercettazioni per omicidi, spaccio di sostanze stupefacenti anche di ingente quantità, usura – un reato odioso –, violenza sessuale anche di gruppo, delitti “spia” dei femminicidi (maltrattamenti e stalking). In sostanza per indagare su tutti i reati che non sono di criminalità organizzata o equiparati, avremo un limite tassativo alle intercettazioni, salvo casi eccezionali. Questo significa che indagheremo meno, saranno scoperti meno autori di reato, le vittime saranno meno protette. Per intercettare avremo 15 giorni e poi solo due proroghe di altri 15, per un totale di 45 giorni. Si dice: “ma sono possibili ulteriori proroghe”, ma non si dice che è previsto un procedimento farraginoso e denso di insidie per il prosieguo. Questa la norma: “La deroga è possibile se risulta l'assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore che sia giustificata dall'emergere di elementi specifici e concreti che devono essere oggetto di espressa motivazione”. Dunque, casi eccezionali e con una specifica motivazione del giudice, e la verifica dell’eccezionalità e della congrua motivazione sarà oggetto di controllo in tutte le fasi successive del processo: Tribunale, Corte d'appello e perfino Cassazione che, a distanza di anni, potranno ritenere questa motivazione non congruente con l’effetto di azzerare le intercettazioni di cui non si potrà tenere alcun conto, anche se vi è la prova di un omicidio, di una violenza sessuale eccetera. Insomma, ripeto, si tratta di un danno irreparabile all'attività di indagine e alla tutela delle persone offese dal reato.
Procuratore, lei si è occupato anche di inchieste sulla criminalità organizzata in Campania. Questa norma non vale per le indagini di quel tipo, ma cosa può succedere a quelle sui reati cosiddetti spia, dall'usura al traffico di stupefacenti?
Non solo quelle che lei cita, penso anche al riciclaggio, all’autoriciclaggio, o alle stesse bancarotte o ad alcuni reati tributari particolarmente gravi: tutti questi sono, appunto, reati spia da cui si parte in base agli elementi che si hanno per poi passare alle indagini sul 416 bis, quindi sulle associazioni criminali. Aver bloccato le intercettazioni influirà dunque indirettamente anche sulle indagini sulla criminalità organizzata. Non avevamo bisogno di questa norma. Il governo sostiene di voler aumentare la sicurezza dei cittadini e delle cittadine, e per questo vuole far approvare dal Parlamento il cosiddetto ddl sicurezza. Non entro nel merito di quel provvedimento, pur se ritengo alcune norme assolutamente non condivisibili, ma certamente la riforma delle intercettazioni dà meno sicurezza alle persone.
Esistono alcuni altri reati veramente odiosi. Lo scorso 8 marzo è stata annunciata dalla presidente Meloni l'introduzione nel Codice Penale del reato di femminicidio. Tuttavia, come per tutti quelli che riguardano la violenza di genere, anche questo sarà escluso dalla possibilità di intercettare oltre i 45 giorni.
Dopo l’approvazione del testo al Senato suggerii, vista l’unanimità con cui vengono approvato le norme che contrastano la violenza degli uomini contro le donne, di equiparare questi reati alla criminalità organizzata e, così, di escluderli dal limite dei 45 giorni. Purtroppo il suggerimento non è stato accolto e anche in questo caso i danni sono irreparabili, nel senso che, soprattutto, in materia di violenza sessuale, le intercettazioni si devono protrarre quasi sempre oltre i 45 giorni e non è detto che sia possibile la deroga di cui ho parlato. Peraltro, mentre per la legge sull’interrogatorio preventivo recentemente approvata vi è la deroga per i reati di violenza contro le donne, per le intercettazioni non hanno voluto ascoltarci. Ciò significa che dovremo chiudere le indagini chiedendo l'archiviazione o lasciandole a carico di ignoti; il danno per le vittime di questi reati odiosi è irreparabile.
Cosa pensa, in questo quadro, dell’introduzione nel Codice Penale del reato di femminicidio?
L’istituzione del delitto di femminicidio è un passo in avanti epocale della nostra legislazione penale, perché significa finalmente mettere la donna vittima di omicidio in quanto donna al centro di questo delitto. Nella norma così come è stata scritta mancano però due cose, innanzitutto l'incremento delle risorse. Si continuano a produrre una serie di norme che richiedono molto più impegno alla magistratura e alle forze di polizia senza prevedere risorse aggiuntive adeguate. Le faccio un esempio, con la l. 69/2019 (il “codice rosso”) è stata introdotta una norma per cui la vittima di violenza deve essere sentita entro tre giorni: una norma sacrosanta. Attualmente noi la applichiamo in modo tale perché la vittima può essere sentita o dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria su delega del Pm. Il governo vuole modificarla prevedendo che la vittima nei tre giorni debba essere sentita necessariamente dal magistrato del pubblico ministero. Il che sarebbe anche giusto e meraviglioso, se non che il numero dei magistrati del pubblico ministero non consente di sentire personalmente tutte queste vittime. Alla Procura di Tivoli sei pubblici ministeri si occupano di questa materia (oltre che dei cosiddetti reati comuni), ma per sentire personalmente tutte le vittime ne servirebbero altri due che dovremmo distogliere da altri compiti, il che è impossibile pena la paralisi di indagini su ulteriori gravi delitti. Quindi o si incrementano i Pm oppure questa norma va rivista perché non è materialmente possibile applicarla. Oppure, e ciò sarà peggio, sarà applicata burocraticamente perché i Pm pur di rispettare la norma sentiranno la vittima in modo veloce, senza poter approfondire perché non avranno il tempo; ci tengo a dire che non sarà una scelta, ma una conseguenza della legge e delle scarse risorse.
Torniamo alla questione delle intercettazioni: questa norma avrà il paradossale effetto di determinare meno sicurezza per cittadini e cittadine. Non contribuirà dunque indirettamente anche a far aumentare la delegittimazione dei pubblici ministeri?
Assolutamente sì. A me, però, non preoccupano tanto le accuse ai pubblici ministeri di non scoprire i colpevoli di reato. A me preoccupa che i responsabili non potranno essere individuati e quindi reati molto gravi rimarranno senza gli autori del reato; lo Stato, la collettività e le vittime di quegli specifici reati non troveranno giustizia. Sia chiaro, vi è la presunzione di innocenza ed è colpevole solo chi è condannato all’esito del processo (con tre gradi di giudizio), ma consentiteci di cercare di individuarli. Guardi che il danno alla collettività e alle vittime di determinati reati è veramente irreparabile. E questo lo dico in base alla mia esperienza, non in modo ideologico né astratto. La Procura che dirigo è un osservatorio importante, con 600 mila abitanti e reati gravissimi; in base all’esperienza posso dire che con il limite di 45 giorni i responsabili di una serie di reati, tra questi anche omicidi, non li avremmo scoperti. Capisce? È una grave ferita alla collettività.
Queste preoccupazioni le avete sollevate durante le audizioni parlamentari perché non siete stati ascoltati?
Questo non lo deve chiedere a me, lo deve chiedere a chi non ci ha ascoltati.