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“In questi giorni, la stampa sta riportando la conclusione di una serie di indagini finalizzate a individuare beneficiari del reddito di cittadinanza che non ne avevano diritto. Tra questi, si mescolano percettori con macchine di lusso in garage, altri con precedenti penali ostativi, ma anche cittadini stranieri privi del requisito dei dieci anni di residenza nel territorio nazionale, di cui gli ultimi due consecutivi e/o del permesso di soggiorno di lungo periodo”. Così la Cgil Lombardia in un comunicato.
Il sindacato confederale sottolinea: “Una confusione che non si dovrebbe fare, a maggior ragione parlando di una misura che ha lo scopo di contrastare la povertà. A livello nazionale, il 5% dei percettori di rdc è cittadino straniero comunitario e il 9% non comunitario con permesso di soggiorno. In Lombardia, dove il rischio di povertà è più alto fra i non italiani, oltre un quarto dei beneficiari del reddito presi in carico dai navigator è di cittadinanza straniera”.
“Lo stato di bisogno non si misura con la residenza protratta nel tempo o con il possesso di un particolare permesso di soggiorno, rilasciato – è bene sottolinearlo - a chi ha maturato un certo inserimento socio-economico-lavorativo in Italia. Se la norma ha come scopo quello di rispondere a situazioni di povertà e a chi necessita di sostegno per il reinserimento lavorativo e per raggiungere una propria autonomia economica, condizionare l’accesso al requisito della anzianità di residenza e del permesso di soggiorno di lungo periodo prefigura forme di discriminazioni indirette nei confronti dei cittadini non italiani che da tempo chiediamo siano rimosse. Non scambiamo quindi le discriminazioni con le frodi e gli illeciti”, prosegue la nota.
“Nei prossimi giorni, la Corte Costituzionale sarà chiamata a pronunciarsi rispetto al carattere discriminatorio della legge che ha istituito il reddito di cittadinanza, proprio su questi aspetti. Anche il comitato per la valutazione del reddito di cittadinanza presieduto da Chiara Saraceno ha sollecitato il Governo a riformare la misura tal senso. Ci aspettiamo che le soluzioni siano all’altezza dei problemi delle persone, anziché delle posizioni ideologiche, che su questo strumento continuano a occupare interamente il dibattito pubblico”, conclude la Cgil.