PHOTO
Una misura ibrida e non efficace. Questo il giudizio di Cgil, Cisl e Uil, espresso oggi (martedì 5 febbraio) in occasione dell'audizione in Commissione Lavoro del Senato sul cosiddetto “decretone”. I sindacati, secondo quanto riportano le agenzie di stampa, rilevano che sul reddito di cittadinanza “si sono generate forti aspettative nella popolazione”, ma la nuova misura “ha una molteplicità eccessiva di obiettivi, come quelli di contrastare la povertà e garantire il diritto al lavoro, che riteniamo non sia in grado di ottenere entrambi efficacemente”. Per Cgil, Cisl e Uil il reddito di cittadinanza, avendo un “carattere ibrido, coniuga in modo improprio la povertà come criterio di accesso e le politiche attive come interventi previsti”.
Preoccupazioni sono state espresse anche sul versante finanziario. “La misura, essendo legata alle disponibilità economiche stabilite nella legge di bilancio, potrebbe non avere risorse sufficienti per garantire il sostegno ai soggetti che versano in povertà assoluta”, spiegano. Il reddito di cittadinanza viene infatti finanziato “fino a esaurimento delle risorse stanziate per l'anno di competenza. Qualora le domande superino la disponibilità delle risorse stanziate per l'anno in corso scatta la 'tagliola' e viene ristabilita la compatibilità finanziaria attraverso la rimodulazione del sussidio, ovvero la sua riduzione, in modo tale da coprire tutti i beneficiari in regola con i requisiti”.
Altro punto dolente è quello delle sanzioni. “La pena prevista nel caso di dichiarazioni mendaci – illustrano i sindacati – che portino a un’illecita fruizione del beneficio, ossia dai due ai sei anni di detenzione, è largamente sproporzionata rispetto ad analoghi reati che possono determinare problemi di entità anche assai superiore per l'erario, come ad esempio l'evasione fiscale”. Cgil, Cisl e Uil si dichiarano “consapevoli dell'importanza di impedire comportamenti 'predatori' e ostacolare il sommerso”, ma chiedono di riportare queste sanzioni “entro limiti più ragionevoli”. Sempre su questo aspetto, infine, rilevano pure che “il sistema sanzionatorio e di decadenza del beneficio si accanisce esclusivamente e dettagliatamente verso gli eventuali illeciti delle famiglie beneficiarie, diventando invece molto marginale per quelli eventuali dei datori di lavoro”.
Ai sindacati non convince neanche la previsione che le assunzioni dei circa 6 mila “navigator” da parte di Anpal Servizi siano realizzate con contratti di collaborazione. “È una condizione che rischia di alimentare ulteriormente e con numeri abnormi il bacino di precari presenti in Anpal Servizi, innescando una vera 'guerra fra poveri', mettendo in concorrenza i nuovi precari con i vecchi precari già presenti in Anpal da diversi anni”, spiegano nel corso dell’audizione: “Sarebbe saggio che il governo, quando sostiene che i navigator saranno stabilizzati, prendesse in seria considerazione la completa stabilizzazione di tutti i precari di Anpal Servizi”. I lavoratori oggi operanti in Anpal Servizi sono 654, con contratto a tempo determinato o di collaborazione (il 60 per cento del totale), e “non è accettabile correre il rischio di disperdere anche la loro professionalità acquisita in anni di attività”. Occorre dunque “un chiarimento sulle modalità con cui verranno assunte e poi stabilizzate queste nuove risorse. Ma occorre anche capire in quali tempi esse saranno messe in condizione di operare, perché appare francamente irrealistico che in pochi mesi si possa determinare la capacità di risposta e di presa in carico che il decreto suppone”.
Cgil, Cisl e Uil evidenziano poi che “il requisito della residenza in Italia da almeno dieci anni, di cui gli ultimi due consecutivi, è inaccettabile”. E lo è “per il profilo d’incostituzionalità, perché troppo vincolante nei confronti dei cittadini stranieri e iniquo verso l'intera platea di soggetti in condizione di bisogno, a partire dai senza dimora, oltre che escludente per i possibili emigrati di ritorno”. Per i sindacati, dunque, sarebbe “necessario prevedere che i requisiti non entrino in contrasto con le normative comunitarie che regolano le prestazioni di simile natura”.
Nel corso dell’audizione in Commissione Lavoro del Senato, i sindacati hanno infine ricordato che per il contrasto alla povertà è “fondamentale il coinvolgimento dei Comuni attraverso il servizio sociale professionale”. Occorre dunque mettere in campo “un sistema che preveda il rafforzamento strumentale, di risorse umane e finanziarie delle reti sociali, a partire dal potenziamento dei servizi socio-assistenziali dei Comuni”. In questo senso, auspicano che “sia ripristinata la previsione di incrementare il Fondo per la lotta alla povertà, le cui risorse residue costituiscono la quota destinata al rafforzamento del sistema integrato dei servizi sociali”.