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La pandemia ha modificato "in misura significativa" il modo in cui le famiglie percepiscono la propria condizione economica, tanto da invertire il trend positivo che si era registrato negli anni precedenti per alcuni indicatori. A fotografare la situazione del 2022 al termine della crisi pandemica è il Rapporto Bes (sul benessere equo e sostenibile in Italia) dell’Istat. "La quota di coloro che dichiarano di aver visto peggiorare la propria situazione economica rispetto all'anno precedente, pari al 25,8% nel 2019, cresce nei due anni di pandemia e continua ad aumentare nel 2022, fino ad arrivare al 35,1%, livello mai raggiunto in precedenza", si legge.
Gli indicatori
Rispetto al 2019, in era pre-Covid, l’Italia registra progressi sul fronte della sicurezza, della qualità dei servizi, del lavoro e della conciliazione dei tempi di vita, ma peggiora nelle aree dell’istruzione e formazione e nel benessere economico. I dati più recenti che consentono di effettuare confronti rispetto a quattro anni fa (109 indicatori sul totale di 152) mostrano che per 58 indicatori di benessere, oltre la metà, si registra un miglioramento nell'ultimo anno disponibile rispetto al livello del 2019, un terzo si trova su un livello peggiore rispetto al 2019, mentre il restante 13,8% degli indicatori si mantiene stabile sui livelli pre-pandemici.
Luci e ombre
I progressi sono più diffusi nei domini Sicurezza, Qualità dei servizi e Lavoro e conciliazione dei tempi di vita (oltre il 72% degli indicatori migliora rispetto al 2019). Seguono i domini Politica e istituzioni e Innovazione, ricerca e creatività con due terzi degli indicatori in miglioramento.
Tra i domini che presentano un andamento complessivamente più critico negli ultimi tre anni, con la maggior parte degli indicatori in peggioramento, si trovano Relazioni sociali, Benessere soggettivo, Istruzione e formazione e Benessere economico.
I peggiori d’Europa
La maggior parte degli indicatori del Bes disponibili per il confronto con la media dei paesi europei (Ue27) mostra una situazione peggiore per l’Italia. Si tratta in particolare di alcuni indicatori dei domini Istruzione e formazione e Lavoro e conciliazione dei tempi di vita. Tra questi la quota di giovani di 15-29 anni che si trovano al di fuori del contesto di istruzione e non sono occupati (Neet), che in Italia raggiunge il 19,0% rispetto all’11,7% della media Ue27, e la quota di persone di 30-34 anni che hanno completato un’istruzione terziaria, il 27,4% in Italia e il 42,8% in media Ue27. Per il lavoro, il tasso di occupazione italiano nel 2022 è di circa 10 punti percentuali più basso rispetto a quello medio europeo (74,7%), con una distanza particolarmente accentuata tra le donne (55,0% in Italia rispetto a 69,4% per la media Ue27).
Lo svantaggio dell’Italia nel contesto dell’Ue27 si rileva, inoltre, in alcuni indicatori di Benessere economico aggiornati al 2021, tra cui il rischio di povertà e la grande difficoltà ad arrivare a fine mese, o al 2020, come la disuguaglianza del reddito netto.
Divari regionali
Sui 131 indicatori Bes analizzabili a livello regionale, 27 presentano, nell’ultimo anno disponibile, una diseguaglianza relativa regionale piuttosto elevata, a indicare una maggiore distanza tra le regioni, in particolare nei domini Ambiente, Paesaggio e patrimonio culturale, Benessere economico e Sicurezza. I domini che invece contano più della metà degli indicatori con diseguaglianza relativa più contenuta sono Salute, Istruzione e formazione, Relazioni sociali, Politica e istituzioni e Benessere soggettivo.
Barbaresi (Cgil): cambiare le politiche
“I dati evidenziano come siano ancora profonde le diseguaglianze tra persone, territori, generi e generazioni e certificano quanto le scelte politiche del governo rispetto ai bisogni delle persone e del Paese siano profondamente inadeguate, sbagliate, inique e pericolose”. Questo il commento di Daniela Barbaresi, segretaria confederale della Cgil.
“In particolare – osserva la dirigente sindacale - aumenta la quota di coloro che hanno visto peggiorare la propria condizione economica, che arriva al 35,1%, un valore mai raggiunto finora, così come aumentano il forte rischio di povertà che affligge il 20,1% delle persone, le diseguaglianze già persistenti nella disponibilità di reddito e il numero di persone che presentano una grande difficoltà ad arrivare alla fine del mese, mentre restano alti divari e diseguaglianze tra territori e cittadini”.
“Aumentano le difficoltà nell’accesso ai servizi così come l’emigrazione ospedaliera in altra regione, mentre resta alto il numero di persone che rinuncia a curarsi per ragioni economiche o per le difficoltà ad accedere ai servizi, a partire dalle liste d’attesa”, aggiunge Barbaresi.
“Uno scenario – conclude la segretaria – che rende ancora più necessario il cambiamento delle politiche economiche e sociali da noi rivendicato e alla base della mobilitazione unitaria per migliorare concretamente la condizione di vita e di lavoro delle persone, superando diseguaglianze e investendo in un sistema di welfare pubblico e universale”.