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Tra gli obiettivi di Meloni e del suo governo c’è quello di limitare l’informazione libera trasformandola in strumento di amplificazione della propaganda di Palazzo Chigi. Non bastano leggi bavaglio e tentativi di intimidazione attraverso le querele temerarie. Si fanno tintinnare manette minacciando via emendamenti – poi al momento ritirati – la possibilità di arresto per i cronisti.
La presidente del Consiglio sta pervicacemente tentando di trasformare la Rai in TeleMeloni, facendo approvare dalla commissione di Vigilanza parlamentare sulla Rai un regolamento sulla campagna elettorale mai visto, nemmeno nell’era Berlusconi: i minutaggi in tg e trasmissioni di approfondimento di esponenti del governo si vogliono fuori dal conteggio della par conditio. Non bastasse quanto già premier e ministri occupino degli spazi informativi di Rai e Mediaset.
“La maggioranza di governo ha deciso di trasformare la Rai nel proprio megafono. Lo ha fatto attraverso la commissione di Vigilanza che ha approvato una norma che consente ai rappresentanti del governo di parlare nei talk senza vincoli di tempo e senza contraddittorio. Non solo, Rainews24 potrà trasmettere integralmente i comizi politici, senza alcuna mediazione giornalistica, preceduti solamente da una sigla.
Questa non è la nostra idea di servizio pubblico, dove al centro c’è il lavoro delle giornaliste e dei giornalisti che fanno domande (anche scomode) verificano quanto viene detto, fanno notare incongruenze. Per questo gentili telespettatori vi informiamo che siamo pronti a mobilitarci per garantire a voi un’informazione indipendente, equilibrata e plurale”. Questa la presa di posizione dell’esecutivo dell’Usigrai che poi ha salutato con soddisfazione la decisione dell’Agcom di rigettare le modifiche della commissione di Vigilanza al regolamento per la campagna elettorale per le elezioni europee. Rimane tutta la volontà di Meloni di trasformare la Rai nel suo megafono. Ne parliamo con Daniele Macheda segretario dell’Usigrai.
Qual è il tuo giudizio su tutto ciò?
Il tentativo della Vigilanza di favorire esponenti di governo non contando i loro interventi nei tempi della par condicio pare sia rientrato. Dopodiché è ovvio, bisognerà fare attenzione, se ci saranno degli abusi andranno segnalati perché è evidentemente che potrebbero ripresentarsi sotto forma di forzature che però la legge dovrebbe punire. Purtroppo rimane una stortura terribile, quella la quale Rainews dovrebbe trasmettere i comizi per intero segnalati da una sigla. Questo significa tentare di trasformare un canale di informazione nazionale e internazionale in un canale dei partiti e dei candidati. È francamente un abuso del servizio pubblico al quale non credevo si potesse arrivare.
E dal punto di vista della professione giornalistica?
Trasmettere in diretta i comizi vuol dire che la mediazione giornalistica viene ritenuta inopportuna. Non si può trasformare un canale di informazioni in un canale di comizi senza mediazione giornalistica, così ognuno dice quello che vuole e la funzione del giornalismo viene completamente azzerata. Un conto è se nel proprio canale YouTube si trasmette un comizio, ma il servizio pubblico non può diventare il tubo dentro il quale infilare qualunque propaganda. Si trasformerebbe la Rai in Eiar o in Istituto luce e significherebbe davvero tornare indietro veramente di decenni, a tempi, che grazie alla Resistenza e alla Costituzione, ritenevamo superati. Al di là della questione della trasmissione dei comizi, all’interno della Rai si fa giornalismo fintanto che il controllo delle direzioni non diventi soffocante rispetto alla libertà, all'indipendenza e all’autonomia dell’informazione. Purtroppo in questi mesi, in più di una occasione, abbiamo visto come le direzioni abbiano imposto scelte editoriali omissive rispetto alle notizie. Certo, ogni direttore fa il giornale come vuole, ma non posso non ricordare che ci sono state scelte di aperture che apparivano effettivamente quantomeno singolari rispetto a quanto accadeva. Recentemente un tg nazionale ha aperto con il ministro Lollobrigida che mandava la pasta sulla luna, mentre gli altri tg e gli altri giornali aprivano – giustamente ritengo – con un importante intervento del presidente Mattarella. Lo ripeto, le scelte dei direttori sono libere e autonome, però suonava strano, diciamo, vedere questo tipo di lettura dell'agenda del Paese. Non è un caso, e aggiungo per fortuna, che si ripetono iniziative di colleghi e colleghe che tolgono le firme – così come per altro previsto dal contratto – perché si sono visti modificare i pezzi contro la propria volontà. Sappiamo tutti che i direttori e le direttrici Rai hanno avuto un'indicazione. Sappiamo bene che la legge Renzi ha peggiorato quella Gasparri che già regolava il servizio pubblico mettendolo di fatto nelle mani del governo, ma oggi la situazione è nettamente peggiorata. Non solo, siamo arrivati al punto, difficile da immaginare, che si è riusciti ad abbassare il canone già più basso d'Europa da 90 a 70 euro trasferendone una parte sulla fiscalità generale, aprendo così una prospettiva futura del tutto incerta e assai preoccupante, perché non è garantito che i soldi dalla fiscalità generale arrivino regolarmente alla Rai mettendo a rischio la possibilità di esercitare il suo mandato di servizio pubblico radiotelevisivo multimediale affidatole dal contratto di servizio e dalla convenzione decennale.
Dall’Europa arriva uno spiraglio...
Si, è stata appena approvata la European Media Freedom Act che presto andrà in Gazzetta Ufficiale. Ci auguriamo determini immediatamente una revisione della legge Renzi visto che l’Europa chiede che per le imprese di servizio pubblico ci sia autonomia e indipendenza dai partiti e dai governi e risorse adeguate.
Segretario, a noi sembra ci sia più in generale un attacco proprio alla figura del giornalista, dai tentativi di imbavagliare l’informazione all'ipotesi di ripristinare il carcere per chi diffama. Insomma c'è un tentativo di restringere il perimetro dell'articolo 21 della Costituzione?
Sì con il rischio evidente che il restringimento del perimetro dell’articolo 21 si ripercuota direttamente sulla libertà dei cittadini di poter avere un'informazione corretta e completa. Se il tentativo è quello di impedire ai giornalisti di svolgere la loro attività, in realtà si colpiscono cittadini e cittadine ai quali non verrà data un'informazione completa e corretta. È evidente che se il metodo è quello del bavaglio, se a un giornalista che racconta i fatti per come sono e per come li ha ricostruiti si risponde con una querela milionaria, è ovvio che quel giornalista ci pensa bene prima di esporsi, tanto più se precario o non ha alle spalle grandi gruppi che possono tutelarlo. Il nostro sta diventando un lavoro sempre più difficile, ledendo così il diritto ad essere informati sancito dalla Costituzione.
Cambiamo apparentemente argomento. È di queste ore l'annuncio ufficiale che Amadeus ad agosto lascerà la Rai, non è un giornalista, però anche molti giornalisti hanno nel corso dell'ultimo anno e mezzo abbandonato il servizio pubblico. La fuoriuscita di personaggi che garantiscono ascolti ed entrate pubblicitarie mette a rischio la Rai di tutti?
Credo di sì, del resto la Rai è servizio pubblico di informazioni e di intrattenimento, basti pensare a Sanremo e a come proprio Amadeus lo abbia rilanciato riuscendo a raggiungere un target assai giovane, vero e proprio tallone di Achille dell’azienda, registrando ascolti enormi. Aver perso nomi importanti che portavano pubblico, audience e pubblicità ci deve molto preoccupare per la tenuta complessiva del servizio pubblico: non si fa servizio pubblico, così come lo abbiamo conosciuto, senza risorse umane e professionalità. Non bisogna dimenticare che la Rai è stata un elemento di coesione della comunità nazionale, è riuscita a tenerla insieme e a farla crescere anche attraverso – ad esempio – la presenza del maestro Manzi, contribuendo a innalzare il livello culturale degli italiani. Questa Rai non esiste più perché non ha gli strumenti, non ha le persone, non è in grado di rappresentare il futuro. Siamo davvero molto preoccupati. Occorre investire sulle risorse interne cercando di valorizzare quello che la Rai ha. Di recente, invece, si è puntato molto su produzioni esterne e su prodotti che non hanno dato alcun risultato in termini di pubblico. Evidentemente sono altre le strategie che l’azienda sta utilizzando in questo momento, facendo pesare più le richieste che arrivano dal governo che il raggiungimento di obiettivi condivisi.
Cosa si può fare per evitare questa deriva?
Chiedere immediatamente di cambiare la legge sulla Rai, che la European Media Freedom Act sia applicata da subito, anche per la prossima nomina sia dell’amministratore delegato che del consiglio amministrazione, evitando una mera spartizione tra i partiti. Servono manager in grado di ripensare il servizio pubblico della televisione. Occorre tornare alla Costituzione tutelando e rilanciando i servizi pubblici tutti, dalla sanità alla scuola fino alla Rai. Occorre fare in modo che la Rai sia al servizio di tutti i cittadini e cittadine, con politiche chiare e trasparenti che puntino alla qualità e alla riconoscibilità della azienda come lungo plurale dove tutte le istanze trovano possibilità di essere rappresentate e l'informazione sia libera e indipendente.