Tagli al canone sì, tagli al canone no. Sono ancora molto fumose le notizie che riguardano il provvedimento contenuto nella manovra, e che continua a destare preoccupazione. La conferma della riduzione –  di 20 euro in bolletta nel 2023 – era stata annunciata in conferenza stampa il 16 ottobre scorso dal ministro dell’Economia Giorgetti. Tuttavia, nel testo appena approdato alla Camera sembra non esserci più. Il taglio potrebbe, però, essere reinserito in corsa, tra le maglie del provvedimento.

“Francamente non si sa più come commentare quanto avviene sulla Rai”. Non nasconde lo sbigottimento Riccardo Saccone, segretario generale della Slc Cgil, a proposito delle ultime notizie. Se resta il punto interrogativo sul canone, sembra invece abbastanza certa e sconcertante un’altra misura: il taglio del costo del personale fino al 4% entro il 2026.

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“Stiamo parlando di circa un miliardo l'anno – fa i conti Saccone – non sono particolarmente forte in matematica, ma mi pare una cifra considerevole”. Si tratta della conferma, secondo il segretario, che a fare i sacrifici saranno ancora una volta le lavoratrici e i lavoratori. E insieme a loro tutti i cittadini, che accenderanno il televisore su un servizio pubblico sempre più ridimensionato e svuotato della sua mission.

“O siamo di fronte a una serie di dilettanti allo sbaraglio, oppure il disegno complessivo non può che essere questo” commenta Saccone, nel ricordare come da mesi l’azienda vada annunciando l’obiettivo di trasformazione in una digital media company senza, però, fare investimenti sulle persone e sull’ammodernamento tecnologico. “Il rischio è sempre lo stesso: propugnare interventi non risolutivi del problema nel suo complesso, seguendo un piano pericolosamente inclinato”.

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I soldi ci sono, fa notare il leader sindacale, ma si vanno a prendere nel posto sbagliato: dai salari piuttosto che da un piano serio di razionalizzazione delle consulenze, come raccomandato ripetutamente dalla Corte dei Conti. “Si tira a campare, piuttosto che puntare a un centro di produzione di prim’ordine e fare un ragionamento sulla contrattazione”.

Le notizie sulla manovra arrivano, infatti, nella stessa settimana in cui l’azienda ha incontrato i sindacati sul tema ancora  aperto del rinnovo contrattuale. Dopo lo sciopero del 23 settembre scorso, viale Mazzini sembrava pronto a riprendere il discorso, ma all’indomani dell’incontro, sui nodi più importanti la distanza con i lavoratori appare ancora siderale. “Ci sono stati dei passi avanti sulla stabilizzazione dello smart working, sull’inquadramento degli apprendisti – spiega Saccone – ma sulla questione dell’offerta economica siamo ancora fermi al punto di partenza”.

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In conclusione, il segretario si toglie qualche sassolino dalla scarpa rispondendo alle critiche, arrivate subito dopo lo sciopero, su una presunta strumentalizzazione politica da parte delle organizzazioni sindacali: “Quanto è successo ieri con la manovra sgombra il campo da ogni possibile – per quanto infondato – dubbio: il problema non è, come dice qualcuno, buttarla in politica. Il problema è che la Rai vive o muore proprio grazie o per colpa della politica. Ieri abbiamo visto tutti che il re è nudo”. E d'altronde Il sindacato, nelle parole di Saccone, non può esimersi dal confrontarsi con le questioni politiche quando si tratta di un soggetto di valore pubblico e collettivo come la Rai.

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Ad oggi restano ancora molti gli elementi di incertezza, in primis quello relativo al contratto. Ma su una cosa il sindacato non ha dubbi: “Il referendum di luglio ci ha detto che l’accordo, così com’è, non piace. E per noi la parola delle lavoratrici e dei lavoratori è sacra e in alcun modo aggirabile”.