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Il 2 giugno del 1946 in Italia si vota per il referendum istituzionale tra monarchia o repubblica e per eleggere l’Assemblea costituente. Per la prima volta a livello nazionale sono chiamate al voto anche le donne. Alla fine gli italiani sceglieranno la Repubblica, con 12.718.641 di voti contro i 10.718.502 della monarchia. La scelta repubblicana ottiene il risultato più ampio a Trento con l’85% dei consensi, il più basso a Napoli con il 79% per cento dei voti in favore della monarchia.
Non tutti gli italiani avranno l’opportunità di votare. Non voteranno i militari prigionieri di guerra o internati che lentamente cominciano a ritornare e non voteranno i residenti delle province di Bolzano e Trieste. Il sistema elettorale scelto per l’elezione della Assemblea costituente è quello proporzionale, con voto diretto, libero e segreto a liste di candidati concorrenti in 32 collegi plurinominali per eleggere 556 deputati (la legge elettorale prevedeva l’elezione di 573 deputati, ma le elezioni non si effettuarono nell’area di Bolzano, Trieste e nella Venezia Giulia, dove non era stata ristabilita la piena sovranità dello Stato italiano).
In base al risultato delle urne, l’Assemblea costituente risulterà così composta: Dc 35,2%, Psi 20,7%, Pci 20,6%, Unione democratica nazionale 6,5%, Uomo qualunque 5,3%, Pri 4,3%, Blocco nazionale delle libertà 2,5%, Pd’A 1,1%. Le donne elette saranno 21: nove del Partito comunista, nove della Democrazia cristiana, due del Partito socialista, una dell’Uomo Qualunque. I tre maggiori raggruppamenti saranno quello della Democrazia cristiana, che ottenne 207 seggi, quello del Partito socialista italiano di unità proletaria, che ne ottenne 115, e quello del Partito comunista Italiano, che ne ottenne 104.
L’Assemblea costituente si riunirà per la prima volta il 25 giugno 1946 e lavorerà fino al 31 gennaio 1948 (anche se le sue commissioni funzioneranno fino al mese di aprile) per un totale di 375 sedute pubbliche, delle quali 170 dedicate alla Costituzione e 210 ad altre materie (l’Assemblea costituente voterà la fiducia ai Governi De Gasperi II, III e IV, approverà le leggi di bilancio per il 1947 e il 1948 e ratificherà i trattati di pace, firmati a Parigi il 10 febbraio 1947).
Come suo primo atto, il 28 giugno 1946, l’Assemblea si riunisce per l’elezione effettiva del Capo provvisorio dello Stato, designando Enrico De Nicola, al primo scrutinio con 396 voti su 501, superando la maggioranza dei tre quinti dei 556 componenti richiesta dal decreto. Su 504 votanti, De Nicola (Pli) otterrà 396 voti, Cipriano Facchinetti (Pri) 40, Ottavia Penna Buscemi (Uq) 32, Vittorio Emanuele Orlando (Sin. storica) 12, Carlo Sforza (Pri) 2, Alcide De Gasperi (Dc) 1, Alfredo Proja (Dc) 1. Le schede bianche saranno 14, le nulle 6.
Il 31 gennaio 1947 un Comitato di redazione composto di 18 membri presenterà all’Aula il progetto di Costituzione, diviso in parti, titoli e sezioni. Dal 4 marzo al 20 dicembre 1947 l’Aula discuterà il progetto e il 22 dicembre verrà approvato il testo definitivo. La Costituzione repubblicana sarà promulgata il 27 dicembre 1947 ed entrerà in vigore il 1° gennaio 1948.
Dirà di lei sette anni più tardi, il 26 gennaio 1955, Piero Calamandrei nel salone degli Affreschi della Società Umanitaria in occasione dell’inaugurazione di un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana organizzato da un gruppo di studenti universitari e medi
In questa costituzione … c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato. Tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie son tutti sfociati in questi articoli. E a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane. Quando io leggo nell’art. 2, “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, o quando leggo, nell’art. 11, “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, la patria italiana in mezzo alle altre patrie, dico: ma questo è Mazzini; o quando io leggo, nell’art. 8, “tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge”, ma questo è Cavour; quando io leggo, nell’art. 5, “la Repubblica una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali”, ma questo è Cattaneo; o quando, nell’art. 52, io leggo, a proposito delle forze armate, “l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica” esercito di popolo, ma questo è Garibaldi; e quando leggo, all’art. 27, “non è ammessa la pena di morte”, ma questo, o studenti milanesi, è Beccaria. Grandi voci lontane, grandi nomi lontani. Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti … Quanto sangue e quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro a ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, questo è un testamento, un testamento di centomila morti … Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione ….
Un testo figlio della Resistenza e della Liberazione che racchiude i diritti inviolabili e i doveri inderogabili di ciascun individuo, un testo che - oggi come ieri - è doveroso conoscere, custodire, proteggere, applicare.