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Li chiamano gli invisibili e sono i bambini che vivono nei territori dove è forte lo sfruttamento del lavoro agricolo. Figli di braccianti, spesso trascorrono l’infanzia in alloggi di fortuna, in condizioni di isolamento, privati di fatto dei loro diritti, con un accesso difficile ai servizi sociali e sanitari e all’istruzione. Ma non sono casi isolati. Sono tantissimi, anche se non sono censiti all’anagrafe.
Ad accendere un faro sulla situazione di questi minori è l’ultimo rapporto di Save the Children Piccoli schiavi invisibili, che fa un focus sulla provincia di Latina nel Lazio, e sulla Fascia Trasformata di Ragusa, in Sicilia, aree considerate a maggior rischio.
Numeri ma anche storie di bambini, ragazzi e adolescenti che subiscono sfruttamento, sono spesso costretti ad assumersi responsabilità da adulti, trascorrono gran parte del tempo da soli fuori dall’orario scolastico, si prendono cura dei fratelli più piccoli, lavorano. E poi ci sono le testimonianze di rappresentanti delle istituzioni e delle realtà della società civile: sindacati, pediatri, medici di base e insegnanti, impegnati in prima linea.
Le testimonianze
“Quando ho fame mi cucino da solo, non c’è nessuno che può farlo per me - racconta N., 10 anni, dalla provincia di Latina -. Mamma e papà si alzano alle 4 del mattino per andare a lavorare in una fabbrica fuori Pontinia, tornano per pranzo (a volte), io sono a scuola, non ci vediamo”. S., 14 anni, spiega che per lei il lavoro è iniziato quando ne aveva 13, impacchettando ortaggi e spargendo antiparassitari: “Io lavoro anche in serra, raccolgo le verdure, poi pompiamo i fiori per far sì che non si ammalino. Un po’ mi dà fastidio respirare il pesticida, ma è diventato il mio profumo ormai”.
E ancora, da Ragusa: “Lo sanno tutti che siamo minorenni. In magazzino ci portano quello che raccolgono nelle serre, abbiamo tipo delle vaschette, le mettiamo sopra alla bilancia e pesiamo i pomodori. Ogni vaschetta non deve essere più di 520/530 grammi”. “Anche io pompo i fiori, mi pagano 20-25 euro al giorno”.
Lavoro minorile
Storie che si intrecciano con i dati allarmanti sul lavoro minorile diffusi sempre da Save the Children: in Italia si stima che tra i 14-15enni che lavorano, il 27,8 per cento (circa 58 mila under 18) abbia svolto lavori particolarmente dannosi per lo sviluppo educativo e il benessere psicofisico. Tra i minori intervistati che hanno dichiarato di aver avuto esperienze lavorative, il 9,1 per cento è impiegato in attività in campagna.
Situazione nel mondo
L’indagine dell’associazione sulla situazione italiana degli invisibili, curata dalla giornalista Valentina Petrini, prende le mosse da una fotografia della condizione globale. Nel mondo una vittima di tratta e sfruttamento su tre è minorenne, ma la maggior parte rimane invisibile. Nel periodo 2017-2020 quelle identificate non sono state più di 190 mila, soprattutto donne (42 per cento) e minori (35). I casi individuati nel 2020 sono stati 53.800, in diminuzione rispetto agli anni precedenti, come conseguenza del Covid. In Italia le nuove vittime di tratta e sfruttamento identificate nel 2021 sono state 757, il 35 per cento delle quali sono bambini, 850 quelle prese in carico nel 2022 dai progetti antitratta: vengono dalla Nigeria, dal Pakistan, dal Marocco, dal Brasile e dalla Costa D’Avorio.
Lavoratori, madri e padri
“Il rapporto ci dice che i lavoratori sfruttati in campo agricolo, oltre a essere vittime dirette di questa condizione, sono anche genitori, madri e padri di bambini ‘invisibili’ che crescono nel nostro Paese privi di diritti essenziali – dice Raffaela Milano, direttrice programmi Italia-Europa di Save the Children -. Questa dimensione così grave dello sfruttamento troppo spesso, sino a oggi, è stata ignorata. È fondamentale innanzitutto riconoscere l’esistenza di questi bambini, assicurare a ognuno di loro la residenza anagrafica, l’iscrizione al servizio sanitario e alla scuola e i servizi di sostegno indispensabili per la crescita”.
Un programma per l'emersione
L'associazione chiede al ministero del Lavoro e delle politiche sociali di integrare il piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato con un programma specifico per l’emersione e la presa in carico dei figli dei lavoratori agricoli, da definire con le parti sociali e il terzo settore, alla luce delle esperienze e delle buone pratiche sperimentate sul campo. E un coordinamento tra prefettura ed enti scolastici, servizi sociali, associazioni e sindacati per monitorare la presenza dei minorenni nei territori agricoli e per una offerta attiva dei servizi di base.