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Il 13 giugno 1981 moriva dopo quasi tre giorni d'inutili tentativi di salvataggio Alfredino Rampi, caduto in un pozzo artesiano in via Sant’Ireneo, in località Selvotta, una frazione di Frascati, situata lungo la via di Vermicino, che collega via Casilina a via Tuscolana.
Una tragedia trasformatasi in uno dei casi mediatici più rilevanti della storia italiana. Conclusasi nel più tragico dei modi.
“Volevamo vedere un fatto di vita - affermava Giancarlo Santalmassi durante l’edizione straordinaria del TG2 del 13 giugno - e abbiamo visto un fatto di morte. Ci siamo arresi, abbiamo continuato fino all’ultimo. Ci domanderemo a lungo prossimamente a cosa è servito tutto questo, che cosa abbiamo voluto dimenticare, che cosa ci dovremmo ricordare, che cosa dovremo amare, che cosa dobbiamo odiare. È stata la registrazione di una sconfitta, purtroppo: 60 ore di lotta invano per Alfredo Rampi”.
Attorno al pozzo finirà quindi per raccogliersi una folla di circa 10 000 persone.
Tra di esse anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini che, costernato dalla disorganizzazione dei soccorsi, esprimerà la volontà di far nascere un servizio di protezione civile ancora solo sulla carta (già prima di Vermicino il presidente aveva denunciato l’inefficienza e l’impotenza dello Stato: era successo dopo il terremoto in Irpinia, di pochi mesi prima).
“Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini era arrivato sul luogo senza avvertire le autorità presenti - racconterà anni dopo mamma Franca - e mi dissero che era ancora lì vicino, in un viottolo di campagna, nascosto perché non voleva farsi vedere dai mass media, e soprattutto non voleva essere d’intralcio con la sua presenza, sperando di ricevere buone notizie. Decisi di andare a parlare con lui, per- ché avevo visto troppe cose assurde in quei giorni. Volevo raccontargli tutto: da quando mio figlio si era perso, fino al momento della sua morte. E così feci: raccontai della polizia, della tavoletta, della trivella ecc. Lui mi rispose: “Signora sono sconcertato, non so che dirle, non ho parole, sono costernato e dispiaciuto. Possibile che ci sia stata tutta questa confusione? Possibile che niente abbia funzionato?” Veramente non sapeva che dire, rimase senza parole. Dopo alcuni mesi ricevetti una sua telefonata e mi disse che per me aveva creato un Ministero, quello della Protezione Civile, istituito poco dopo con Decreto Legge n. 57 del 27/02/1982, convertito in legge 187 nello stesso anno”.
La vicenda di Vermicino sarà il primo evento oggetto di una diretta non stop organizzata dalla Rai de facto a reti unificate, durata ben 18 ore. Una diretta seguita da 32 milioni di persone.
Milioni di persone ipnotizzate per tre giorni davanti alla tv, incredule davanti dal drammatico finale di una vicenda che per tre giorni terrà tutto il Paese col fiato sospeso.
“Il bambino era a 64 metri di profondità - racconterà anni dopo Angelo Licheri, un volontario che si recò a Vermicino dopo avere appreso della tragedia - Gli ho tolto il fango dagli occhi e dalla bocca e ho cominciato a parlargli, dolcemente. So che capiva tutto. Non riusciva a rispondere ma l’ho sentito rantolare e per me era quella la sua risposta. Quando smettevo di parlare rantolava più forte, come per dirmi: continua che ti sto ascoltando. Dopo vari tentativi andati a vuoto, l’ultimo che ho fatto è stato prenderlo per la canottierina, ma appena hanno cominciato a tirare ho sentito che cedeva... E allora gli ho mandato un bacino e sono venuto via”.
“Quando mi tirarono su - prosegue il racconto - mi ritrovai davanti alla mamma di Alfredino. Venne da me e mise le sue mani sulle mie guance: mi dica come sta il mio bambino, chiese. Io fui sincero: signora, è ancora vivo ma se non si fa in fretta non so quanto potrà resistere”.
Alfredo Rampi morirà poche ore dopo.
Nell’immaginario di tutti noi rimarrà per sempre Afredino, un bambino sorridente dalla canottiera a righe.
Un piccolo angelo volato via troppo presto, la cui tomba è stata nei giorni scorsi profanata da ignoti che l’hanno imbrattata con undici svastiche.
Sulla vicenda indagano i carabinieri della stazione di San Lorenzo, che stanno procedendo con le analisi delle immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona, per cercare d'individuare i responsabili.
“Siamo increduli e senza parole - è il commento dell’associazione cui fanno riferimento i genitori del bimbo - Si tratta di qualcosa che nessuno di noi avrebbe mai pensato di dover commentare. È forse anche il segno del degrado di questi tempi. Siamo costernati”.
Siamo costernati. Perdonaci, Alfredino.