“Il Paese è fermo. Lo dicono esperti e addetti ai lavori, lo confermano i dati, lo ribadiscono gli esponenti delle parti sociali. Ieri l’Istat ha aggiornato le sue previsioni, sostenendo che l’unica cosa che aumenta è la disoccupazione, mentre il reddito di cittadinanza avrà una scarsissima incidenza sui consumi delle famiglie. Il presidente di Confindustria Boccia ha poi lanciato un allarme forte, sostenendo che è necessario un piano strategico per rilanciare l’economia”. Così Agostino Megale, presidente dell’istituto di ricerca della Fisac Cgil (Isrf-lab), ai microfoni di RadioArticolo1.  

“Confindustria ha ragione. Oltre alla crescita zero, il dato più eclatante è che si riducono gli investimenti e sale la disoccupazione, confermata dallo stesso Def del governo. Quota 100 non ha aiutato i giovani a entrare nel mercato del lavoro, mentre il reddito di cittadinanza, pur avendo innescato una dinamica positiva all’interno della dimensione della povertà, come del resto confermano Ocse e Fmi, non ha ingenerato di per sé un aumento dei consumi. Quindi, siamo in stagnazione e si può prevedere un’ulteriore recessione alle porte, con una crisi che perdura ormai dal 2008, senza peraltro aver recuperato tutti i punti di Pil perduti in passato. Paesi più in difficoltà del nostro - come Grecia, Portogallo, Spagna - crescono più di noi, perché hanno scelto una linea di sviluppo sostenibile e danno attenzione a giustizia ed equità sociale”, ha affermato il dirigente sindacale.

 

La flat tax al 15-20% sotto i 60 mila euro è un’operazione di classe. Nel senso che fa un favore ai più ricchi. Vorrei poi ricordare che in Spagna il governo Sanchez è ricorso alla patrimoniale, mentre il governo Renzi, pur con tutti i suoi limiti, ha introdotto gli 80 euro per dieci milioni di lavoratori sotto i 25.000 euro, producendo una crescita del reddito superiore al 5%. E quando noi, come Cgil, parliamo di ridurre le tasse attraverso l’aumento delle detrazioni sul lavoro dipendente, pensiamo, per l’appunto, a una diversa forma di bonus, affinché scendano di 120-130 euro al mese le tasse sul lavoro in modo strutturale e permanente. L’importante è creare un sistema che garantisca, a parità di prestazione, la parità di diritti e tutele, che oggi non c’è. Di sicuro, il lavoratore dipendente paga la mancata progressività e si fa carico di quello che non pagano i più ricchi”, ha osservato il sindacalista.

“Più che di patrimoniale, dovremmo parlare d’imposta sulle grandi ricchezze, per una durata di tre-cinque anni dei più ricchi verso i più deboli. Una misura che metta al centro una redistribuzione della ricchezza, che sarebbe dovuta avvenire attraverso la progressività delle aliquote; cosa che non è avvenuta, perché nei fatti questa è l’Italia della più grande evasione d’Europa e dei più alti interessi sul debito. Un Paese normale e ben governato, con un fisco giusto, dovrebbe essere in grado di attuare le cose che fanno Francia e Germania, immaginando di affrontare tre ordini di problemi, con fermezza e in prospettiva: la riduzione delle tasse sul lavoro con una quantificazione in busta paga di più di 100 euro, più o meno quello che si mettono in tasca lavoratori e pensionati con un rinnovo contrattuale; un grande piano d’investimenti pubblici e privati che metta risorse assieme a quelle di Cassa depositi e prestiti, assicurazioni e grandi banche; la riduzione del debito pubblico sotto quota 100, cosa che favorirebbe una serie di operazioni fondamentali, come la messa in sicurezza della scuola, il rilancio della sanità, un piano occupazionale per i giovani, politiche di riduzione dell’orario con strumenti di solidarietà, interrompendo l’esodo continuo verso l’estero dei nostri cervelli migliori e consentendoci di procedere con il passo degli altri paesi Ue”, ha concluso Megale.