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La povertà in Italia non esiste. Chi percepisce un sussidio è un fannullone o un furbetto. Il modo migliore per sprecare soldi pubblici? Spenderli per le misure a sostegno dei bisognosi. Sono alcuni dei tanti luoghi comuni, o meglio delle bugie che circolano sul tema. In occasione della Giornata internazionale indetta dall’Onu, che si celebra il 17 ottobre, l’Alleanza contro la povertà ha messo a punto un vademecum per mettere in guardia da 10 fake news che non contribuiscono a un nuovo approccio culturale. Eccole.
- La povertà assoluta in Italia non esiste. Secondo le statistiche ufficiali invece esiste e colpisce circa 5,7 milioni di individui, pari all'8,5 per cento delle famiglie residenti. Negli ultimi 10 anni il numero è in costante aumento.
- I percettori dei sussidi sono furbetti o fannulloni. È una generalizzazione ingiusta che non rappresenta la realtà complessa delle persone che ricevono i sostegni. Negli altri Paesi europei le misure di contrasto hanno salvato dalla povertà assoluta circa un milione di persone. In Italia, stando ai dati dei carabinieri, le truffe al reddito di cittadinanza valgono solo l’1 per cento della spesa totale.
- Le misure di contrasto alla povertà sono uno spreco di soldi pubblici. E invece sono un investimento importante per promuovere il benessere sociale ed economico di un Paese. Secondo l’Istat il reddito di cittadinanza ha contribuito a sollevare circa 1,5 milioni di persone dalla povertà relativa. Durante la pandemia (2020-2021) “ha consentito la fuoriuscita di circa 450 mila famiglie dalla condizione di povertà (circa 300 mila nel 2022). Metà della spesa erogata nel biennio, circa 8,3 miliardi di euro, ha contribuito a ridurre dello 0,8 per cento l’indice delle disuguaglianze e dell’1,8 il rischio di povertà” (fonte: ministero Lavoro). Da non sottovalutare il positivo impatto sui consumi.
- La povertà è una colpa. Non lo è, è un fenomeno multifattoriale e dalle molteplici cause. Ridurre la povertà a una colpa individuale implica una visione limitata delle cause, che ignora le dinamiche sistemiche e le ingiustizie sociali.
- Chi lavora, non è povero. Chi è povero, non lavora. Il lavoro può contribuire a proteggere dalla povertà, ma non è sempre sufficiente a garantire la sicurezza economica e una vita dignitosa. Lo dimostra il crescente numero di working poor: principalmente part-time, precari, con salari insufficienti. Circa il 9-10 per cento dei lavoratori si trova oggi in questa situazione, il numero è in aumento.
- I poveri in Italia sono soprattutto stranieri. Gli stranieri sono spesso più vulnerabili ma non si può dire che i poveri in Italia siano soprattutto stranieri. Secondo l’Istat, il 70 per cento dei poveri assoluti sono cittadini italiani, il 30 per cento proviene da contesti migratori.
- Sono soprattutto gli stranieri a ricevere sussidi. Sebbene gli stranieri abbiano un'incidenza più alta di povertà rispetto agli italiani e dunque possano avere più bisogno di assistenza, la maggior parte dei beneficiari dei sussidi sono italiani. Il 91 per cento dei nuclei percettori di reddito di cittadinanza erano italiani, con l’assegno d’inclusione la percentuale di cittadini non italiani percettori è scesa dal 9 all’ 8 per cento (fonte Inps).
- La povertà riguarda solo i giovani. Interessa persone di tutte le età e si manifesta in modi diversi a seconda del gruppo demografico coinvolto. Circa il 6,2 per cento degli over 65 vive in povertà assoluta, 1 milione di persone. Sono particolarmente vulnerabili le famiglie con minori e tra queste quelle con 3 o più figli.
- In Italia la povertà colpisce solo alcune regioni del Sud. La povertà in Nord Italia è in crescita, sebbene i tassi siano generalmente inferiori rispetto al Sud. La povertà assoluta nel Settentrione riguarda l’8 per cento delle famiglie, con variazioni tra le diverse regioni.
- Le misure di contrasto sono cambiate, i beneficiari no. I beneficiari delle nuove misure, assegno di inclusione e supporto per la formazione e il lavoro, sono poco più della metà rispetto ai beneficiari del reddito/pensione di cittadinanza (fonte Istat).