Solo 11.275 posti letto finanziati e confermati al 15 marzo da decreti del ministero dell’Istruzione, contro i 60 mila preventivati e indicati come obiettivo per giugno 2026. I finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinati a migliorare l’accesso allo studio in Italia rischiano di essere un vero fallimento.

Il fallimento del Pnrr

La denuncia nel report dell’Unione degli universitari “È tutto sbagliato, il Pnrr sta fallendo”, che ha analizzato lo stato dell’arte della gestione dei fondi europei del Piano destinati alle residenze universitarie, scoprendo che sono stati privilegiati i privati a scapito di una reale valorizzazione del settore pubblico.

Restituire i fondi?

“L’Italia rischia di dover restituire i finanziamenti che non riesce a investire, con un danno per tutta la comunità studentesca - spiega Damiano Di Giovanni dell’Udu -. Un vero e proprio spreco, specie di fronte al caro affitti che solo negli ultimi tre anni è cresciuto del 38 per cento. Sono 900 mila gli studenti fuori sede in Italia e solo 46.193 i posti letto pubblici. In pratica è coperto appena il 5 per cento della domanda. E dopo il Pnrr questa copertura salirà dello 0,5 per cento. Non c’è nessuna rivoluzione, come dice la ministra Bernini, solamente una mancanza di strategia e scelte sbagliate che hanno affossato gli obiettivi del Pnrr”.

Interventi casuali

E in effetti se si analizza quanto verrà realizzato, la distribuzione dei posti letto fa pensare che sia casuale oltre che disomogenea e che non sia frutto di una strategia, bensì di improvvisazione. Le grandi assenti? Città universitarie che sono state completamente dimenticate, dove non risultano interventi per la creazione di nuovi posti letto: Chieti e Pescara, Catanzaro, Forlì, Pordenone, Rieti, Genova, Bergamo, Lecce, Sassari, Bolzano, Arezzo, Aosta, Perugia, Belluno, solo per citarne alcune. Una platea di oltre 230 mila studenti del tutto trascurati.

Dai dati risulta poi una concentrazione dei posti più evidente in Lombardia e nel Lazio, ma anche in questo caso non c’è una vera ratio: la Sicilia per esempio sembra ben posizionata, ma in realtà c’è una forte disomogeneità, con un’elevata concentrazione su Enna, qualche intervento a Catania, nessuno a Messina.

Fondi inutilizzati

Venendo ai fondi, quelli stanziati sono una quota davvero minima rispetto a quelli che rimarranno inutilizzati: al 15 marzo, solo 228 milioni di euro, rispetto a 1,2 miliardi che potrebbero essere utilizzati entro giugno dell’anno prossimo. Il costo medio stanziato per posto letto è 20 mila euro, ma quello complessivo per realizzarlo ammonta a 90 mila euro. Quindi i 70 mila necessari per coprire il costo totale restano a carico del soggetto proponente.

“Ma chi può permetterselo – domandano gli studenti dell’Udu nel report -? Non è un caso che i soggetti proponenti siano soprattutto i privati. Università, Comuni, enti regionali per il diritto allo studio non sono stati messi nelle condizioni di fare richiesta di co-finanziamento. Addirittura i posti veramente pubblici sono così pochi da essere superati in quantità da quelli che verranno assegnati a enti ecclesiastici”.

Soldi pubblici ai privati

Le conseguenze sono evidenti: un massiccio trasferimento di fondi pubblici ai privati, avallato dal governo, che ha di fatto favorito soggetti privati senza assicurare un adeguato ritorno in termini di accessibilità e diritto allo studio.

Con un’aggravante. Il vincolo temporale imposto dal Pnrr: “Per solo 12 anni i privati dovranno garantire una quota minima di posti letto a tariffe calmierate – si legge nel report – e un 30 per cento per il diritto allo studio universitario. Dopo di che potranno affittare liberamente gli alloggi a prezzi di mercato. Un vincolo inaccettabile, perché trasforma un investimento pubblico in un vantaggio duraturo per i privati, senza garanzie per gli studenti”.

Il caro affitti

Nel frattempo, in mancanza di residenze universitarie pubbliche, i fuorisede continuano a rivolgersi al mercato per prendere un alloggio in locazione. Nel 2021 una stanza singola costava in media 335 euro al mese, nel 2024, 461 euro. Un aumento del 38 per cento in soli tre anni. Secondo Immobiliare.it, nel 2024 i canoni sono aumentati del 7 per cento rispetto all’anno precedente.

Una corsa, quella del caro affitti, che non si è mai fermata: a Milano si è passati da 573 euro del 2019 a 637 del 2024 (più 10,2 per cento), a Bologna da 447 a 506 (più 13,2), a Roma da 448 a 505 (più 13 per cento), a Bari da 255 a 357 (più 40), a Padova da 321 a 442 euro (più 38 per cento).

Obiettivo lontanissimo

“Noi ci eravamo mossi per tempo, per chiedere maggiore attenzione per gli investimenti in alloggi pubblici – afferma Alessandro Bruscella, coordinatore dell’Udu -. Nel nostro emendamento che il governo ha bocciato, chiedevamo maggiori risorse per facilitare la partecipazione degli enti pubblici e garantire una reale accessibilità di questi posti letto. La ministra Bernini dovrà assumersi la responsabilità politica di questo fallimento, insieme al governo. Non solo l’obiettivo è lontano, ma l’emergenza abitativa studentesca è rimasta irrisolta”.