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Si chiama age assurance, o verifica dell’età, ed è una misura adottata in attuazione della legge 159 del 13 novembre 2023. Una sigla che potrebbe non dire niente, e invece dice tutto se chiamata con il suo nome comune: il decreto Caivano, emanato un anno fa per arginare gravi episodi di criminalità minorile, come il fenomeno delle baby gang, e tutelare la sicurezza dei minori in ambito digitale.
Un decreto che puntava alla repressione, piuttosto che alla prevenzione. Pochi giorni fa l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha approvato uno schema di regolamento che, proprio a partire dall’accertamento della maggiore età degli utenti, ne permetta il consequenziale accesso ad alcuni siti e piattaforme.
L’obiettivo principale è impedire l’accesso ai giovanissimi alla pornografia online, oltre che ad altri contenuti e spazi virtuali pericolosi, che andranno definiti nel dettaglio. Oggi, infatti, basta un click per dichiarare di essere maggiorenni e vedersi spalancare le porte del web. Ma fra qualche mese le cose dovrebbero cambiare: i maggiorenni dovranno identificarsi come tali, mentre i minorenni saranno esclusi dai contenuti ad alto rischio della rete.
“Questo provvedimento ci pone in linea con le direttive europee e nazionali – commentano Sandro Gallittu e Barbara Apuzzo, Cgil Nazionale – rispondendo a un bisogno urgente di tutela dei minori”. Di fatto, è una prima risposta importante al tema dell’esposizione incondizionata dei giovanissimi al web e alle nuove tecnologie.
Un uso “im-mediato”, che dunque non prevede filtri, e spesso diventa un amplificatore digitale di fenomeni di violenza e discriminazione (cyberullismo, Tiktok challenge, body shaming, revenge porn). “Una misura importante – sottolineano Gallittu e Apuzzo – per arginare il pericoloso fenomeno dell’accesso, oggi privo di controlli reali, da parte dei minori a foto, video, siti di scommesse, siti porno, contenuti violenti”.
I meccanismi di age assurance introdotti dal regolamento dovranno, tuttavia, rispettare alcuni principi, volti a tutelare al tempo stesso la privacy degli utenti e dunque contemperare il diritto alla protezione dei minori con altri diritti fondamentali: i sistemi non potranno trattare dati sensibili, come documenti d’identità o carte di credito, dovranno prevenire attacchi informatici e tentativi di elusione e dovranno configurarsi come facili da usare e non discriminatori.
Sul regolamento è stato già ottenuto il parere favorevole del Garante per la protezione dei dati personali ed è ora in fase di notifica alla Commissione Europea per l’approvazione finale. L’obiettivo di garantire un livello di protezione più elevato per i minori che si muovono sul web si inserisce, infatti, in un più ampio quadro normativo europeo. Al livello internazionale esiste già il Digital services act (Dsa), che ha spinto alcune big tech a implementare l’algoritmo per “scovare” i finti maggiorenni.
La cosa importante – come sottolineato anche dalla Cgil – è che si punti a iniziative strutturali, piuttosto che sporadiche e individuali. A ciò si aggiunge un’altra preoccupazione, che riguarda la tutela della privacy di tutti gli utenti. Il meccanismo di verifica dell’età si basa, infatti, sul principio del doppio anonimato, che prevede tre step: il servizio che certifica l’età non sa a quali scopi; il sito in cui viene utilizzata l’attestazione di maggiore età non conosce l’identità della persona; solo a compimento di queste prime due fasi il sito decide se consentire o meno l’accesso ai suoi contenuti.
Allo stato dell’arte, il Garante della privacy ha espresso qualche dubbio in merito al metodo proposto dal Regolamento per la verifica dell’identità dell’utente, ovvero tramite le app installate sui dispositivi proprietari. Secondo l’Autorità, infatti, potrebbe essere lesivo del diritto alla privacy.
Perplessità condivise anche dalla Cgil, che suggerisce l’uso dello Spid: “Uno strumento di verifica più adeguato – spiegano Gallittu e Apuzzo – soprattutto alla luce della raccomandazione circa la natura indipendente e fidata dei terzi che intervengono nel processo di verifica”.
Il nuovo Regolamento che dovrebbe entrare in vigore è un primo passo importante anche se, a parere del sindacato, le riposte tecniche o normative non sono sufficienti: “Manca ancora un lavoro di prevenzione, attraverso la costruzione di una cultura del digitale. Occorre insegnare alle ragazze e ai ragazzi ad agire con maggiore consapevolezza all’interno degli ambienti digitali, perché sempre più spesso ciò che è virtuale è reale. O almeno lo sono le sue conseguenze”. Partire dall’educazione sessuale, affettiva e al rispetto delle differenze è il primo vero passo da fare. Prevenire la violenza (nel mondo reale e in quello virtuale) invece che reprimerla.