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Prendi un’opera gigantesca come il Ponte sullo stretto di Messina. E prendi la prima scadenza, il 31 luglio 2024, per approvarne il progetto esecutivo (fissata dal dl 35/2023). Poiché non si è riusciti a rispettarla, il governo ha pensato bene di cambiare le carte in tavola. Con un nuovo decreto legge (29 giugno 2024, n. 89) in questi giorni in fase di conversione, l’esecutivo sta cancellando il riferimento temporale per stabilire che il Ponte può essere edificato “anche per fasi costruttive” attraverso l’approvazione e la realizzazione di singoli lotti.
Un ponte a pezzi
Che cosa significa? Che una costruzione complessa, costosa, piena di criticità, si può cominciare a realizzarla anche se non c’è un progetto definitivo. Che un fabbricato da 14 miliardi di euro (minimo) si potrà iniziare a erigere anche senza che sulla carta sia tutto stabilito e certificato (relazioni, elaborati grafici, calcoli, piani di manutenzione, cronoprogramma, capitolati ecc.): prima un pilone, poi una gettata di cemento, poi si vedrà.
Voi tirereste su una casa facendo prima una stanza qui, poi un bagno lì, quindi una tettoia, senza avere in mano un progetto completo che dica quanto costa, quanto tempo ci vuole, quali materiali vengono usati? Noi no. Ma il governo ha deciso che va bene così. Va bene tutto, purché il Ponte si faccia. Tanto, alla fine, paghiamo noi italiani.
Anomalie e pericoli
“Il decreto introduce un’anomalia – dichiara Michele Azzola, coordinatore dell’area politiche industriali della Cgil, che ha preso parte all’audizione in commissione Ambiente della Camera -. Se si procede per costruzioni successive si va incontro a due problemi. Innanzitutto si rischia di erigere una cattedrale nel deserto, un’opera che potrebbe restare incompiuta, qualora si verificassero problemi in fase di realizzazione. Inoltre, è quasi certo che salteranno i conti, che vanno invece preventivati e conosciuti in partenza: se si va avanti per progettazioni successive, c’è il pericolo di ritrovarsi una spesa diversa da quella che era stata prevista, e i costi potranno diventare molto più alti”.
La bocciatura dell’Anac
La direttiva europea è chiara su questo punto: non si può superare il limite del 50 per cento dei costi aggiuntivi rispetto alla spesa preventivata. Si tratta di un aspetto sottolineato anche dal presidente dell’Anac Giuseppe Busia, l’Autorità nazionale anticorruzione, che in commissione Ambiente ha bocciato la procedura per fasi.
“È essenziale avere il via libera di un progetto esecutivo unitariamente considerato – ha detto -, altrimenti si rischierebbe di approvare singole fasi del progetto senza essere certi che queste fasi vadano a collegarsi l’una con l’altra”.
Fondamentale, quindi, avere una visione unitaria secondo l’Anac, per evitare di dover correggere l’opera con delle varianti che farebbero lievitare i costi. L’Autorità “aveva già suggerito di mettere a gara il vecchio progetto del Ponte – ha dichiarato Busia - tuttavia non è stato fatto. Ora che è saltata la data del 31 luglio, il governo fissi un’altra data per approvare il progetto esecutivo”.
Il pericolo è che le fasi singole diventino in futuro non più funzionali proprio perché slegate da un progetto complessivo. L’Autorità ha anche chiesto di ripristinare il parere del Consiglio di Stato, che sarebbe utile da affiancare a quello del Cipess, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile.
Spreco di risorse
Le rassicurazioni dell’amministratore delegato della società Stretto di Messina, Pietro Ciucci, snocciolate in risposta alle critiche dell’Anac, non hanno convinto nessuno.
“Le osservazioni dell’Anticorruzione confermano che chi ha immaginato questo percorso con grande approssimazione lo ha fatto solo per propaganda – afferma Alfio Mannino, segretario generale Cgil Sicilia -. A oggi mancano le risposte ai 277 rilievi presentati dal ministero dell’Ambiente e quelle alle 60 richieste di modifica del comitato scientifico. E sul piano finanziario si naviga a vista. Noi ribadiamo che con il Ponte si sprecano risorse utili per ammodernare la rete ferroviaria siciliana, mentre già esistono navi che possono trasportare Frecciarossa sullo Stretto senza smontarli. L’impiego di questi mezzi ultramoderni consentirebbe di abbattere il tempo di percorrenza dei treni tra Messina e Reggio Calabria di 1 ora e 10 minuti. Il tutto con un investimento irrisorio”.
Rischio infiltrazioni
“Dopo le criticità ambientali e quelle degli ingegneri, adesso c’è la bocciatura dell’Anac, sia sui costi che sulla procedura avviata – rincara Angelo Sposato, segretario generale Cgil Calabria -. I problemi che questa opera presenta sono tanti, non ha una data di inizio, una di fine, non ha uno straccio di copertura finanziaria e neppure di sostenibilità. Ma la paventata lievitazione dei costi potrebbe aprire delle crepe nella catena degli appalti e dei subappalti, con il rischio di infiltrazione della criminalità. A quel punto tutto andrebbe a vantaggio di cartelli e consorterie. Intanto però a Sicilia e Calabria è stato sottratto 1 miliardo e mezzo dei fondi di coesione”.