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Il Piano nazionale di ripresa e resilienza può rappresentare una straordinaria occasione per il nostro Paese per rispondere alla crisi economica e sociale aggravata dalla pandemia globale, per affrontare le grandi trasformazioni determinate dalle transizioni digitale e verde, per colmare i divari territoriali e sociali e ridurre le disuguaglianze e soprattutto per rispondere alla vera emergenza del Paese: il lavoro, in particolare per i giovani e per le donne. Per la Cgil, quindi, il metro di giudizio per valutare il Piano è e sarà il lavoro, la sua tutela e la sua creazione.
Gli obiettivi dovranno essere chiari, concreti e misurabili, sia sul versante della quantità e della qualità dell’occupazione sia del contrasto alla precarietà, che della capacità di tenuta e di protezione, a partire da un sistema universale di diritti, tutele e di formazione. La qualità del lavoro determinerà il giudizio non solo rispetto agli investimenti ma soprattutto rispetto alle riforme e agli atti regolatori. Alcuni degli interventi annunciati - legge sulla concorrenza o riforma del codice dei contratti pubblici - rischiano di impattare pesantemente sulle condizioni del lavoro determinando un arretramento non accettabile.
Recuperare le fratture sociali è l’altro terreno di giudizio: dotare il Paese di un sistema di istruzione, di sanità e di welfare universale, fondato sulla centralità dei servizi erogati, capace di soddisfare i bisogni della popolazione e consentire il raggiungimento del pieno sviluppo di ciascuno e ciascuna rappresenta un obiettivo fondamentale e un pilastro insostituibile di coesione sociale. Questa è la lezione che ci viene dalla fase drammatica che abbiamo attraversato e stiamo ancora attraversando e che non può essere dimenticata.
Abbiamo rappresentato la necessità di un sistema organico e governato di politiche industriali e di sviluppo, capace di ricostruire filiere e di determinare nuove specializzazioni produttive, rafforzando il ruolo dello Stato e il sistema pubblico. Su quest’ultimo punto riscontriamo un arretramento: c’è una filosofia di fondo esplicita in alcune riforme annunciate, nei numerosi incentivi alle imprese, nella contraddizione e ambiguità rispetto ad alcune scelte di politica industriale - ad esempio sul digitale o sul green - che indirizzano il Piano verso il mercato quale principale regolatore dell’economia. Valutazioni Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza 3.
Le tante misure, spesso eterogenee e poco coordinate, hanno bisogno di una finalizzazione sulle prospettive dello sviluppo sostenibile. A partire dalla riconversione delle aree industriali, dalla costruzione o ricostruzione di filiere industriali coerenti con la scelta strategica europea della transizione verde. È proprio la parte green che deve migliorare sia gli obiettivi sulle rinnovabili che lo sviluppo della filiera industriale che la dovrebbe accompagnare. Occorre poi rafforzare gli interventi ai settori più penalizzati, a partire dai servizi, dal turismo, dalla cultura e spettacolo.
L’Italia rappresenta un unicum nel mondo per la ricchezza culturale e le bellezze naturali: la loro valorizzazione concorre direttamente e indirettamente allo sviluppo sociale ed economico e al benessere collettivo del Paese. Per questo continuiamo a chiedere che il Piano non rappresenti solo una sommatoria di progetti. Vogliamo che diventi quel progetto-paese per traguardare la trasformazione del modello sociale e di sviluppo che oggi più che mai è necessaria per dare risposte concrete ai bisogni delle persone, dell’ambiente e del territorio.
Per fare questo occorre una matrice comune, chiara, condivisa e riconoscibile. Serve sicuramente un protagonismo dello Stato, maggiore sinergia e coerenza tra le risorse e le politiche, garanzia di effettività dei progetti sociali attraverso risorse nazionali e una partecipazione reale alle scelte delle parti sociali e delle organizzazioni sindacali in primis. Il tema della governance e della partecipazione - che abbiamo posto fin dalla prima discussione in Parlamento - non possono essere ridotti alla mera informativa, o al modello del partenariato sociale.
La mobilitazione collettiva verso una trasformazione dell’Italia si nutre di momenti concreti, di confronto rafforzato e di negoziazione. Questi passaggi ad oggi sono stati inadeguati nella fase di stesura del Piano. Crediamo che proprio in nome della coesione sociale, si debbano garantire livelli di negoziazione e di confronto preventivo sui progetti di investimento e sulle riforme. Così come è estremamente importante, il governo dei processi e il monitoraggio dei passaggi che, al netto delle regole europee, deve diventare una fase non solo tecnica o contabile ma di vera e propria rendicontazione sociale delle scelte.
La ripresa del nostro Paese passa da una risposta alle grandi disuguaglianze che pesano nel tessuto sociale ed economico: sono disuguaglianze territoriali, Valutazioni Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza 4 generazionali e di genere. Questi tre obiettivi trasversali - che rivendichiamo come indicazione della nostra organizzazione fin dalla fase iniziale della definizione del Piano – rappresentano il vero e proprio investimento sul futuro. Rispondere ai divari tra Nord e Sud, attraverso l’infrastrutturazione materiale e immateriale, garantire nuova occupazione e diritti a giovani e donne sono impegni non transigibili.
Qualificano la risposta alla crisi, ma soprattutto sono impegni sociali che in primo luogo lo Stato deve assicurare. Se lo sguardo delle scelte è al futuro e alla prospettiva sicuramente possiamo dire che si deve e si può fare di più. Questo Piano rappresenta un grande innesco, solo l’inizio di un decennio che dovrà traguardare il nostro paese e la stessa Europa verso uno sviluppo sostenibile per le persone e per l’ambiente. Ciò significa che forse avremo bisogno di un Next Generation EU almeno decennale, del superamento delle regole di bilancio frutto della stagione di austerity, di regole fiscali omogenee finalizzate a colpire la polarizzazione delle ricchezze, le disuguaglianze, l’evasione e l’elusione fiscale.
La sfida è già lanciata ad Est come ad Ovest, l’Unione Europea non può rimanere indietro. Inoltre non possiamo arroccarci nel nostro fortino ed ignorare la condizione disperata di tanta parte del mondo che, già oggi nella battaglia contro la pandemia, paga egoismi e mancanza di solidarietà.
La Cgil intende come sempre fare la sua parte: giudicare nel merito delle scelte concrete, lottare per cambiare le condizioni materiali di lavoratori e lavoratrici, pensionati e pensionate, sostenere la battaglia confederale e collettiva per trasformare e migliorare il nostro Paese per tutti e tutte.