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Un numero minore di Case e ospedali di comunità rappresenta "un'occasione mancata per una riorganizzazione del territorio"" Un problema che "accompagna sin dall'inizio questo progetto, perché si è puntato a investire sui mattoni e non sulle persone. Queste strutture, infatti, sono già nate senza personale, senza considerare la necessità di investire anche sugli operatori". Lo spiega all'Adnkronos Salute Andrea Filippi, segretario nazionale della Fp Cgil Medici.
Il sindacalista sottolinea come la risposta insufficiente che queste strutture rischiano di dare nasce all'origine del progetto. Non è legata quindi, precisa, soltanto "alla riduzione del numero" di quelle che saranno realizzate, dovuta all'aumento dei costi, per la revisione degli obiettivi del Pnrr: non più 1.350 case ma 936, non più 400 ospedali ma 304, come ha indicato il governo nelle proposte di revisione.
"Questo taglio, comunque - dice Filippi - non fa altro che andare nella direzione che questo governo ha già mostrato perseguire anche in altri settori, ovvero definanziare, progressivamente, i progetti che dovrebbero andare, invece, a potenziare i servizi pubblici. Una riduzione della quantità di Case e di Ospedali di comunità è intrinsecamente un definanziamento, che tra l'altro si innesta su una mancanza di progetto complessivo all'origine".
Per Filippi "le Case di comunità erano già poche, soprattutto gli Ospedali di comunità erano già pochi. La riduzione ulteriore del loro numero peggiora il problema. A questo si aggiunga il fatto che non è stata messa a punto nessuna vera riorganizzazione del servizio territoriale, a partire, ribadisco, dai finanziamenti inesistenti sul personale. In Italia non è mai esistita una vera e propria assistenza territoriale organizzata complessivamente. Era questa l'occasione per farlo, anche per le lacune evidenziate dalla pandemia. Ne abbiamo parlato fino allo sfinimento, ma la soluzione, alla fine non è arrivata".