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I dati Istat di luglio si prestano a molteplici letture sull’andamento del mercato del lavoro italiano. Un solo mese non dà nessuna certezza di inversione di rotta, ma è comunque un dato in controtendenza da valutare perché la lettura, finora univoca dallo scoppio della crisi pandemica, si differenzia nel breve e nel medio-lungo periodo.
A luglio il dato degli occupati dopo quattro mesi di calo riprende a salire (+85mila), con un sostanzioso aumento fra i dipendenti (+145mila) nella maggioranza permanenti (+138mila) e solo in modo marginale a termine. Continua invece il calo degli indipendenti (-60mila) che si avvicinano a scendere sotto la soglia dei cinque milioni di occupati. Con la ripresa produttiva di luglio si torna ad assumere, smentendo le polemiche sugli effetti negativi del blocco dei licenziamenti. Soprattutto si torna ad assumere in modo permanente.
Resta naturalmente in calo, per la diminuzione straordinaria dei mesi precedenti, sia il dato trimestrale degli occupati (-286mila) che quello annuale (-556mila). Questa diminuzione trimestrale ed annuale è, nella grande maggioranza, attribuibile al lavoro a termine (-190mila su base trimestrale e -498mila sull’anno). Un meccanismo analogo a quello del 2008, in cui i più deboli pagano per primi l’effetto della crisi, e questa volta in numero maggiore anche perché, da allora, il ricorso ai tempi determinati da parte delle imprese è fortemente aumentato.
Un dato positivo è rappresentato dall’aumento degli occupati che riguarda le donne, mentre resta debole la crescita tra i più giovani: torna ad aumentare dopo molto tempo, tra i 35 ed i 49 anni e continua, pur in decelerazione, tra gli over 50. Il fenomeno di crescita tra gli over 50 non è legato alla crisi pandemica, è in corso da tempo e - come lo stesso Istat rileva - dovuto alle regole previdenziali e alla componente demografica.
La disoccupazione invece continua a salire (+134mila mensilmente; +218mila nel trimestre). Ritorna su base annua praticamente allo stesso livello del luglio 2019, ma solo per il fortissimo aumento degli inattivi in cui, durante il lockdown, era statisticamente refluita una parte importante delle persone in cerca di lavoro. Questo travaso non è stato ancora riassorbito e nonostante il tasso di disoccupazione a luglio torni al 9,7%, è purtroppo prevedibile nei prossimi mesi un ulteriore consistente rialzo dei disoccupati fino ad oltre l’11%.
L’andamento di luglio porta anche ad un aumento delle ore lavorate, anche se, nei confronti con lo stesso periodo dell’anno precedente, va ricordato che nel 2019 non si era ancora recuperato il numero totale di ore lavorate prima della crisi del 2008. Sono dati, pur riferiti a un solo mese e quindi da verificare su un periodo più lungo, che confermano l’utilità di strumenti di tutela come la cig e il blocco dei licenziamenti per attenuare gli effetti della crisi sul lavoro, che non sono per niente ostativi con nuova occupazione, generata da meccanismi di ripresa produttiva.
Fulvio Fammoni è presidente della Fondazione Di Vittorio