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Come da migliore tradizione, nella settimana di Ferragosto, contando sulla distrazione dei più, il ministero dell’istruzione (e del merito) introduce una novità con cui tutte le scuole, senza essere state nemmeno marginalmente coinvolte nel processo di elaborazione, dovranno fare i conti già nella fase di progettazione in avvio di anno scolastico 2024/2025.
Si tratta delle nuove linee guida per l'insegnamento dell'educazione civica, che sostituiranno le precedenti, introdotte solo quattro anni fa dalla ministra Azzolina e rispetto alle quali la Flc Cgil aveva espresso riserve in assenza di scelte ordinamentali conseguenti in termini di tempi, spazi, risorse di organico.
Criticità tutte confermate, almeno a quanto è dato di sapere, considerato che il provvedimento, trasmesso al Consiglio superiore della pubblica istruzione, non è stato fino ad oggi inviato alle organizzazioni sindacali.
Dalle prime indiscrezioni, risulta che il testo delle linee guida definisca a livello nazionale curricoli prescrittivi, modificando radicalmente i traguardi e gli obiettivi di apprendimento e aggiungendo ulteriori contenuti. Di nuovo, e sempre “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”, si cerca di scaricare sulle scuole la responsabilità di tutto ciò che viene definito “emergenza educativa e sociale”, dal bullismo/cyberbullismo alla violenza di genere, dall’abuso del digitale (dopo aver messo in campo scelte politiche e risorse tutte a sostegno del digitale come panacea di tutti i mali) all’incidentalità stradale, dalle dipendenze da sostanze all’educazione alimentare allo sport.
Ma soprattutto, l’operazione che sta per essere portata a termine anticipa la più complessiva revisione delle indicazioni nazionali e delle linee guida relative al primo e al secondo ciclo di istruzione, nel tentativo di imporre alle scuole di ogni ordine e grado la visione ideologica ben nota del ministro Valditara e dell’intera compagine governativa.
La prospettiva della nuova educazione civica è chiara: formare al significato e al valore della Patria, rafforzare la coscienza di una comune identità italiana, secondo una logica identitaria-nazionalistica e individualistica. A questo scopo viene addirittura attribuito strumentalmente alla carta costituzionale un profilo “personalistico” distorto e pervasivo per cui la società esiste solo in funzione dello sviluppo dell’individuo; per il resto l’approccio al tema della Costituzione rimane di tipo nozionistico, associato alla conoscenza dell’inno e della bandiera nazionale. Nulla si dice della matrice antifascista e dei valori democratici fondanti, perché lo scopo è rafforzare il senso di appartenenza alla comunità nazionale.
Una prospettiva, quella del senso di appartenenza alla Patria, implicita anche nel significato e nel valore attribuiti all’integrazione delle/gli alunne/i che provengono da contesti migratori, in un’ottica assimilazionistica e adattiva, sottovalutando che solo la chiave di lettura interculturale e la pedagogia inclusiva possono offrire gli strumenti per affrontare le sfide del futuro.
E poi i richiami alla cultura del lavoro, da insegnare fin dal I ciclo, pari pari coincidente con la cultura d’impresa intesa come iniziativa economica privata basata sulla proprietà privata. E ancora all’educazione finanziaria e assicurativa come strumento per valorizzare e tutelare il patrimonio privato confermano l’idea di scuola aziendalistica, funzionale a un sistema che tutto subordina all’economia del profitto.
Si tratta, quindi, di linee guida che intenzionalmente non colgono la complessità del reale, rivolgono uno sguardo nostalgico al passato e sono portatrici di una sottocultura miope e reazionaria che sicuramente la scuola italiana saprà respingere per affermare il valore di una conoscenza laica, plurale, inclusiva e democratica.
Manuela Calza, segretaria nazionale Flc Cgil