A Palermo c'è fermento. In molti sono pronti a rimboccarsi le maniche per un'opera di rigenerazione urbana destinata a collegare il porto e il centro storico. L'Autorità di sistema portuale del mare della Sicilia occidentale ha impegnato ingenti risorse che insieme a quelle stanziate dall'Unione Europea daranno vita a nuove aree aperte alla cittadinanza: percorsi, strutture e spazi con destinazione socio-culturale e commerciale. Un orizzonte che fa ben sperare una città che – come molte altre – deve risollevarsi dalla pandemia.
Allo stesso modo Palermo si trascina il malcostume del non finito. Da anni siamo testimoni di cantieri e opere ripetutamente bloccate. Una situazione che mette a dura prova la capacità di resistenza e adattamento dei suoi cittadini. Percorrere le direttrici verso Catania, Agrigento, Sciacca e Trapani può trasformarsi in un'odissea. E di fronte a un microfono le persone non aspettano altro che raccontare quello che non va.
A 13 anni dall'avvio dei lavori per la messa in sicurezza e il raddoppio del ponte Corleone oggi non resta che qualche impalcatura sgangherata, un lavoro mai avviato e auto in fila per chilometri. Il passante ferroviario attende da anni di essere collegato all'aeroporto. Di infrastruttura in infrastruttura, dalla città alla regione il passo è breve. L'autostrada per Catania è costellata di cantieri. Da anni si attende il raddoppio della ferrovia con Messina. I collegamenti fra le altre province sono semplicemente obsoleti: dalle strade alle ferrovie, dai ponti ai viadotti.
Intanto, dopo una battaglia sindacale iniziata negli anni ottanta potrebbe vedere la luce il bacino da 150 mila tonnellate dei cantieri navali. L'ultima grande fabbrica di Palermo. Una struttura adatta per portare avanti le tre missioni produttive per ogni tipo di nave: costruzione, manutenzione e trasformazione. I lavoratori attendono di toccare con mano e firmare un contratto.