Era il 9 ottobre del 2021 quando militanti di estrema destra e Novax assalivano la sede nazionale della Cgil. Sono ancora vive nella nostra memoria le terribili immagini di quel giorno, gli uffici del piano terra messi a soqquadro, i cori davanti alle scalinate. Una scena terribile. Un assalto premeditato. Ci auguriamo l’ultimo, certamente non il primo.

Il primo attentato contro la Cgil nel dopoguerra

La prima bomba a Corso Italia scoppia nella notte tra il 26 e il 27 ottobre 1955. 

Così il giorno seguente Giuseppe Di Vittorio riferiva alla Camera: “Signor Presidente, onorevoli colleghi, come avrete potuto apprendere dalla stampa, questa notte alle 2.25 un attentato dinamitardo è stato compiuto contro la sede della Confederazione italiana generale del lavoro all’ingresso di via Pinciana, ingresso secondario posteriore a quello principale”.

Ignoti teppisti politici, prosegue il leader della Cgil, “hanno depositato e fatto esplodere una grossa bomba. L’esplosione ha provocato danni ingenti: la porta presso cui era stata depositata la bomba è stata divelta e frantumata completamente. Gli abitanti nelle sale adiacenti al cortile presso la porta, cioè l’autista della Confederazione del lavoro, Antonio Riccardi e i suoi familiari, sono stati sorpresi nel sonno, scossi violentemente, gettati a terra. I mobili dell’abitazione sono stati ugualmente spostati, violentemente gettati, alcuni divelti, tutti i vetri dello stabile a cinque piani sono andati in frantumi, come i vetri degli stabili vicini. Una scheggia del legno della porta si è conficcata per parecchi centimetri in un mobile della casa, per cui si può considerare che se una persona si fosse trovata a quell’ora presso quel mobile, poteva essere uccisa. Se, dunque, questa esplosione non ha determinato vittime umane, è stato per puro caso (…)”.

La richiesta di Giuseppe Di Vittorio

Ferma la richiesta di Di Vittorio: “Noi domandiamo che il governo si decida e colpisca inflessibilmente, come giustamente, non soltanto gli autori materiali, gli esecutori, ma anche i mandanti. Nessuno può affermare che in Italia un qualsiasi movimento fascista abbia mezzi sufficienti, mediante le quote dei propri associati, per poter vivere, pubblicare giornali e acquistare e preparare tritolo a volontà per compiere attentati. V’è chi paga! Bisogna scoprire chi paga! E la coscienza pubblica sa chi sono i finanziatori di questi movimenti che minacciano le libertà conquistate a caro prezzo dal nostro popolo. Noi auspichiamo che tutte le parti politiche, tutti i democratici d’Italia, di ogni scuola e di ogni opinione, aprano gli occhi alla realtà, vedano il vero pericolo e si uniscano; noi auspichiamo, di fronte a questo attentato, la più vasta unità e solidarietà tra tutti gli antifascisti e i democratici, per fronteggiare il pericolo e mettere coloro che minacciano le nostre libertà e intendono terrorizzare i lavoratori e le loro organizzazioni nella condizione di non poter nuocere né ai lavoratori, né all’Italia, né alla democrazia italiana”.

L'appello

Il segretario della Cgil rivolge quindi un appello all’unità delle forze democratiche e antifasciste, che devono “isolare coloro che minacciano le libertà italiane, deve metterli in condizione di non poter più pensare a una ripresa di metodi che tutto i1 popolo italiano ha condannato e ripudiato”. “L’antifascismo unito, onorevoli colleghi, ha fatto la nuova Italia, l’antifascismo unito deve consolidare l’ordinamento democratico dello Stato, sviluppare le libertà democratiche del nostro paese, aprire un avvenire migliore, più sicuro e tranquillo, ai nostri lavoratori e al nostro popolo tutto. Perciò è bene che tutti i democratici si associno alla nostra protesta contro gli attentatori e chiedano con noi che siano perseguiti, e si prendano le misure adeguate per rendere impossibile il ritorno a quell’atmosfera a cui l’attentato di questa notte fa pensare e di cui costituisce un episodio. (…) Se poi si vuole, con attentati del genere, terrorizzare la Confederazione del lavoro e i lavoratori italiani, per impedir loro di continuare a lottare nella difesa dei loro diritti e interessi vitali, dobbiamo dire, non tanto agli esecutori quanto ai mandanti di questi crimini, che si sbagliano fortemente”.

Si sbagliano fortemente.