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In Piemonte i contagi salgono senza sosta. L’attenzione si sposta verso la saturazione dei posti in ospedale e nelle terapie intensive, ormai ai livelli di guardia. Nelle ultime 48 ore la notizia è la sospensione temporanea dei ricoveri no covid, ad esclusione delle urgenze e dei casi oncologici. A comunicarlo a tutte le aziende sanitarie è stata, nella serata di mercoledì, l'Unità di crisi della Regione. Differite anche tutte le attività ambulatoriali, ad eccezione di quelle urgenti. Esclusi dal provvedimento anche gli screening oncologici. L'obiettivo, in questo modo, è di passare dal 20% al 40% dei posti letto totali dedicati al Covid.
"La necessità di allentare la pressione sulla rete ospedaliera - spiega il dottor Emilpaolo Manno, coordinatore dell'area sanitaria dell'Unità di Crisi, all’Ansa - costringe il Dirmei (il dipartimento interaziendale malattie ed emergenze infettive) a prendere nuovi provvedimenti, nella corretta applicazione del piano pandemico. Non vuol dire che siamo in affanno, visto che abbiamo ancora ampi margini di manovra sulla riorganizzazione delle nostre strutture in caso di peggioramento della situazione, ma occorre agire in considerazione dell'evolversi dell'epidemia. Quanto alle prestazioni ordinarie procrastinate, queste verranno riprogrammate appena possibile e in ogni caso le urgenze, le patologie oncologiche e i percorsi nascita saranno tutelati come sempre. Inoltre, abbiamo raccomandato alle aziende che si cerchi il più possibile di sviluppare la gestione dei pazienti Covid a domicilio".
In Piemonte ieri i nuovi positivi sono stati 2322, le vittime 42. “Da una parte – commenta Massimo Esposto, della segreteria regionale della Fp Cgil – siamo preoccupati per il provvedimento, perché comporterà l’allungamento delle liste d’attesa. Un effetto che calerà come una scure sulle necessità di tanti cittadini alle prese con altre patologie. In più, il rischio sarà che, quando saremo fuori dalla pandemia, ci ritroveremo con i professionisti delle aziende sanitarie regionali sommersi da una mole di lavoro importante”. Insomma, con questo provvedimento i lavoratori cadranno dalla padella nella brace e rischieranno di restare in emergenza per chissà quanto altro tempo fuori dal covid. “La Regione, passata la prima ondata, aveva messo in piedi un sistema per abbattere le liste d’attesa, ma il metodo non ha mai trovato concreta attuazione. Il comparto si troverà davanti a un lavoro impressionante, considerato che già adesso i carichi di lavoro e lo stress sono ben oltre i livelli di guardia”. Un’emergenza lunga anni per tutti i lavoratori del settore.
“Dall’altra – spiega preoccupato il sindacalista – è evidente che la terza ondata sta mettendo sotto pressione i reparti ospedalieri. Il dirmei ha tentato di mantenere la chirurgia di elezione fino a quando la pressione negli ospedali era bassa, dopo il primo lockdown. Obiettivamente adesso è più di un mese che i nostri iscritti sui luoghi di lavoro ci parlano di un violento ritorno della pandemia, a cominciare dai pronto soccorso. Gli ospedali sono presi d’assalto e sono in grande difficoltà. Poi, certo, quella della sospensione della gran parte dei ricoveri no covid è una notizia che non avremmo mai voluto sentire, perché poi quelle liste d’attesa devi garantire di smaltirle e sarà un problema per tutti, lavoratori e cittadini”.
Come si è arrivati a questo punto? “In Piemonte – ci dice amareggiato Massimo Esposto – in questi ultimi dieci anni, come sindacato abbiamo rappresentato non so quante volte la necessità di potenziare il territorio, suggerendo il combinato disposto di assunzioni di personale da dirottare nel territorio e di un’edilizia sanitaria efficiente che portasse alla costruzione di case della salute. Al fine di creare dei punti focali per i cittadini, dove trovare risposte a malattie croniche, ai casi da da codice bianco di primo soccorso e alla gestione delle cronicità. Tutto questo in Piemonte non c’è, non le abbiamo le case della salute, non c’è la rete di medici di medicina generale e non c’è una rete di dotazioni organiche di medici che lavorino sul territorio. Qui vige la ospedale-centricità, con la conseguente congestione dei pronto soccorso. Per riportare gli ospedali alla naturale cura dell’acuzia cui dovrebbe essere destinato il loro ruolo, ci vorrebbe un territorio forte. Se ci fosse stata una medicina territoriale forte, mediamente il 15-20 per cento dei casi covid presenti ai pronto soccorso di un ospedale potevano essere gestiti a domicilio. Senza quella rete e professionisti che possano garantire la propria presenza, ci siamo ritrovati con una gestione tutta concentrata negli ospedali”.
Considerando lo stato della gestione delle cure, è importante che si corra sul fronte dei vaccini. Come sta andando? “La campagna vaccinale è partita, l’ultimo dispaccio dice che dal 15 marzo si partirà con gli over 70 e tutte le persone che hanno le 15 patologie indicate, compresi i conviventi. La campagna avanza e sappiamo che la Asl di Torino ha aperto altri punti per le vaccinazioni. Vorremmo mettere in campo una capacità superiore, è partita in sordina e sta continuando lentamente”.