PHOTO
Gli organi collegiali, istituiti con i famosi decreti delegati nel maggio 1974, compiono 50 anni. Con l’occasione la Flc Cgil e Proteo Fare Sapere hanno organizzato oggi (24 gennaio) un convegno nella sede nazionale della Cgil. Ma l’incontro a cui parteciperanno studiosi e sindacalisti (per la Cgil, Christian Ferrari, segretario nazionale, e per la Flc Cgil, la segretaria generale, Gianna Fracassi), parlamentari e rappresentati dei genitori e degli studenti, non ha l’intento di rievocare un tempo perduto.
Anzi vuole essere la ripresa di una discussione e di una iniziativa politica per mettere mano finalmente alla riforma di tali organi di partecipazione. L’attenzione per gli organi collegiali di scuola ha seguìto in questi 50 anni la parabola dell’attenzione dedicata dalla politica alla scuola medesima. Il grande picco di innovazione, mai più toccato, furono le riforme Bassanini/Berlinguer con il varo dell’autonomia delle unità scolastiche realizzatasi nel 2001.
Quella riforma reclamava una revisione parallela ma intrecciata degli organi collegiali, perché ne era il necessario corollario. Da allora, andate al governo le forze di destra e, dopo la crisi del 2008, succedutisi vari governi di mista ed evanescente composizione in vario grado liberisti, scuola e organi collegiali hanno subìto solo interventi regressivi e talora insultanti. Bastano alcuni nomi per capire: Moratti, Gelmini, Monti, Renzi, Fioramonti, Busetti e ora Valditara.
Ai tagli devastanti del 2008 che hanno posto una pietra tombale sull’autonomia scolastica si sono susseguiti interventi che hanno prosciugato l’humus vitale in cui potevano fiorire partecipazione e protagonismo dei soggetti scolastici tramite gli organi collegiali. Gli organi territoriali (distretti, consigli provinciali), pure previsti sotto nuova e più funzionale veste dalla riforma Berlinguer, non sono stati più rinnovati; gli Irrsae (Istituti regionali, di ricerca sperimentazione e aggiornamento educativi) sono stati demoliti; il corpo ispettivo, canale di collegamento didattico fra ministero e scuole, è stato ridotto al lumicino, composto peraltro da personale di nomina ministeriale con una funzione prevalentemente amministrativa.
La scuola è rimasta sola con i suoi organi interni, senza appoggi territoriali e in balia di enti più forti di essa (regioni, enti locali, Inps, Asl, il Mef, lo stesso ministero dell’Istruzione che pure dovrebbe tutelarla) che ne coartano spesso e volentieri le potenzialità. Ci sentiamo di dire, tuttavia, che l’esistenza degli organi di scuola ha costituito una forza, se non propulsiva in ragione di un riflusso politico e culturale di stampo funzionalista e liberista che tutt’ora imperversa nella nostra società, almeno di resistenza al “negativo” che dagli 90 è stato riversato sulla scuola.
I tentativi di imporre grembiulini, voti numerici, programmi “padani”, ideologie non inclusive, sanzioni ai docenti e ai dirigenti hanno trovato negli organi collegiali di scuola un antemurale che ha resistito ad ogni attacco. Una docente di Palermo sanzionata per aver fatto una ricerca sull’inclusione dei migranti o una preside di Firenze minacciata dal ministro Valditara per avere stigmatizzato con le parole di Gramsci un’aggressione avvenuta da parte di fascisti ai danni degli studenti di una scuola superiore fiorentina hanno visto la scesa in campo di collegi e consigli di Istituto di tutta Italia contro il ministro. Cosa può fare il ministro contro gli organi collegiali che applicano le leggi e non le circolari del ministro? Nulla.
Anche oggi gli organi collegiali di scuola sono in campo. Lo sono ad esempio contro riforme e sperimentazioni sbilenche e mal concepite, come quella sui tecnici e professionali o come quella sui licei del made in Italy: rifiuto massiccio anche se lo dice il ministro. Ma collegi e consigli di istituto lo sono anche contro misure improvvisate e falsamente salvifiche. Si pensi al tutor e all’orientatore: alla fine le scuole riporteranno tutto dentro la pratica dell’orientamento didattico e dentro l’alveo delle relazioni sindacali, perché la scuola e i suoi organi hanno tempi lenti e lunghi ma certamente più resistenti dei governi e degli apprendisti stregoni che si succedono a viale Trastevere.
È la forza degli organi collegiali che incarnano l’autonomia scolastica e la libertà di insegnamento tutelati dalla costituzione repubblicana. Non riusciamo ad immaginare, oggi, una scuola senza organi collegiali. Per questo occorre riprendere un cammino interrotto e chiedere alle forze politiche democratiche e alle forze sociali che cosa intendono fare per rivitalizzare gli organi collegiali, di scuola e territoriali.
Con una consapevolezza preliminare, e cioè che occorre riportare le scuole alla dimensione giusta, a non più di 900 alunni per istituto. I mega complessi sono la negazione dell’autonomia e degli organi collegiali. La Cgil e la Flc Cgil hanno le loro proposte e su queste chiamano le forze sociali e politiche a misurarsi.
Armando Catalano, centro nazionale Flc Cgil