Dovevano essere 60 mila i nuovi posti letto pubblici da realizzare entro giugno 2026. Adesso il rischio è che se ne facciano molti meno e che si perdano i 1,2 miliardi di euro destinati con il Piano nazionale di ripresa e resilienza a incrementare la dotazione di alloggi pubblici per studenti. Un’occasione sprecata, soprattutto per i tanti universitari fuorisede che non possono permettersi di spendere circa 500 euro al mese per una camera singola.

Una goccia nel mare

Il fatto è che degli 830 mila fuorisede che ci sono in Italia, solo il 5 per cento trova posto in una residenza pubblica. Quindi quei 60 mila posti, sebbene fossero una goccia nel mare, sarebbero stati già qualcosa.

"La ministra dell’Università e della ricerca Bernini ha ammesso che l'obiettivo dei 60 mila è ancora ben lontano dall'essere raggiunto”, afferma Alessandro Bruscella, dell’Unione degli universitari: “Ai bandi del ministero non stanno partecipando soggetti pubblici e il motivo è semplice: i fondi non sono sufficienti per la copertura totale dei costi, per cui non possono permetterselo”.

Largo ai privati 

I conti si fanno presto: per ciascun posto letto il governo finanzia 20 mila euro, gli altri 70 mila preventivati per coprire la spesa restano a carico di chi lo realizza. Atenei ed enti queste cifre non ce l’hanno. Risultato: il 99 per cento delle richieste sono arrivate dai privati, perché università, Comuni, Regioni non sono stati messi nelle condizioni di poter partecipare.

Interventi spot

“Quindi si sono fatti avanti solo soggetti privati ed enti ecclesiastici”, spiega Damiano Di Giovanni dell’Udu: “Il governo ha annunciato che sono stati finanziati progetti per 22.400 posti (dei 60 mila di partenza), ma a noi ne risultano la metà. Siamo preoccupati, perché quest’operazione rischia di essere un buco nell’acqua. Da come è stato pensato ed elaborato il bando, si è cercato di favorire il privato e non di raggiungere il target. Senza contare che ci sono regioni che resteranno all’asciutto, come Toscana e Liguria. Non c’è un piano strategico, sono interventi spot fatti senza criterio”.

Vincolo di 12 anni: e poi?

Ma se si guarda con attenzione, una logica nelle azioni del governo si può rintracciare. Secondo gli universitari il contributo statale sarebbe dovuto arrivare al 50 per cento, in modo da permettere agli enti pubblici di partecipare al bando. Invece si è lasciato largo spazio al privato, ponendo un vincolo di soli 12 anni per l’applicazione delle tariffe medie ridotte.

Regalare soldi pubblici

“Che in molti casi ridotte non sono. E comunque, superati i 12 anni di vincolo, i privati potranno applicare i prezzi che vogliono”, conclude Di Giovanni: “Sostanzialmente rischiamo di regalare soldi pubblici ai privati per realizzare residenze che dovevano essere pubbliche ma saranno private. Per questo abbiamo chiesto un incontro urgente alla ministra Bernini”.